Ovviamente a rischiare maggiormente di essere “infiltrate” dai clan sono le società che miltiano nelle serie minori.  Il motivo? “Le peculiari tipologie di forma giuridica utilizzate dalle società iscritte alla Lega nazionale dilettanti che, si ricorda, non richiedono particolari formalità contabili, fiscali e di bilancio, ben si prestano all’esecuzione di operazioni opache, di inserimento di capitali illeciti e di utilizzo del contante e di altri strumenti di pagamento non tracciabili”, dice l’Antimafia alla quale sono arrivati “da alcuni uffici giudiziari ben 5 segnalazioni negli ultimi 12 mesi”. Si tratta dei casi della Polisportiva Laureanese, della società Fronti di Lamezia Terme, del Città di Foligno, dell’Ilva Maddalena e dell’Isola Capo Rizzuto. Elementi che non lasciano dubbi: il calcio minore è praticamente abbandonato ai clan. “La percezione che ne deriva, in sintesi, è che il mondo del calcio dilettantistico sia lasciato alla propria mercé, privo di controlli efficaci sul piano sportivo ma anche difficilmente controllabile anche sul piano fiscale e penale in quanto organizzato in associazioni non riconosciute prive di documentazione contabile e bilanci attendibili. Un segmento importante dello sport diventa, così, facile preda di organizzazioni criminali che intendono promuoversi su un circoscritto territorio attraverso il consenso sociale che ne deriva dall’acquisto di una società di calcio locale, nonché potenziale veicolo di riciclaggio di capitali di dubbia provenienza”.

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