Partiamo dalla fine, dalla mattina del 16 gennaio 2023. Una Palermo bagnata dalla pioggia ha appena ricordato i 30 anni trascorsi dal misterioso arresto di Riina, quando la giornalista Lara Sirignano batte un flash dell’Ansa destinato a scrivere un pezzetto di storia: Messina Denaro è stato arrestato davanti alla clinica La Maddalena, noto centro di cura per malati di tumore. Era lì, fanno sapere subito, perché si stava sottoponendo a un ciclo di chemioterapia. Ed è grazie a quella malattia che la procura è riuscita a prenderlo. Un colpo clamoroso del Ros dei carabinieri, che dopo quasi trent’anni mostrano al mondo il volto dell’ultimo boss delle stragi rimasto in libertà. Stempiato, coi capelli sale e pepe e gli occhiali, ‘u Siccu era davvero simile ai vari identikit diffusi dagli investigatori in trent’anni di caccia all’uomo. Ma come? E l’intervento chirurgico in una clinica di Barcellona per correggere la miopia e lo strabismo? E la plastica al volto per modificare i connotati? Gli unici racconti dei collaboratori di giustizia che trovano subito qualche conferma sono rappresentati dai vizi e dalle passioni dell’ex superlatitante: quando lo arrestano, infatti, Messina Denaro veste capi che valgono migliaia di euro, mentre al polso ha un orologio prezioso, un Franck Muller Geneve Color Dreams. Per il resto si può dire che il boss di Castelvetrano tradisce le attese, amplificate da una latitanza quasi trentennale. Chi si aspettava un affascinante e misterioso criminale stile Diabolik, il fumetto di cui era appassionato da ragazzo, è rimasto deluso: Messina Denaro era un signore di mezza età, con gusti un po’ pacchiani e anacronistiche derive politiche relative a una Sicilia indipendente invasa dai piemontesi. Stava trascorrendo la sua latitanza in Sicilia, a Campobello di Mazara, piccolo comune agricolo del Trapanese: come hanno fatto a non accergersene prima? Come hanno fatto a non capire che l’uomo più ricercato d’Italia era a 8 chilometri dalla casa di sua madre? Come è riuscito a sfuggire alla cattura nonostante frequentasse quasi esclusivamente parenti di mafiosi della zona, noti alle forze dell’ordine da decenni? “Voi mi avete preso per la malattia, senza la malattia non mi prendevate”, ha detto quando si è trovato davanti ai pm De Lucia e Guido. “Intanto l’abbiamo presa, adesso non ci si metta pure lei”, ha risposto a tono il procuratore capo, riferendosi alle varie polemiche nate in relazione all’arresto. Non poteva essere altrimenti visto che il blitz del 16 gennaio era stato praticamente profetizzato da un’intervista di Salvatore Baiardo, l’ex gestore della latitanza di Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio che di Matteo era il “gemello diverso. Siciliano trapiantato a Omegna, sul lago d’Orta, condannato per favoreggiamento, a un certo punto Baiardo diventa un personaggio televisivo, capace di predire l’arresto di Messina Denaro con alcuni mesi d’anticipo: come ha fatto? Come faceva a sapere che Matteo era malato e che per questo motivo sarebbe stato preso a breve? Si è trattato solo di una clamorosa coincidenza? Anche la procura di Firenze, competente per le stragi del 1993, si è posta queste domande senza trovare per il momento una risposta. Ma questi sono solo gli ultimi interrogativi che costellano l’intera carriera criminale di Messina Denaro.

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