Matteo Messina Denaro l’autonomista. Ha un tono da leader politico il boss di Castelvetrano quando il 15 dicembre del 2013 scrive idealmente a sua sorella Patrizia e al nipote Francesco Guttadauro, figlio di Rosalia. I due sono stati appena arrestati in un’inchiesta della procura di Palermo e il boss delle stragi è furibondo: “Essere incriminati di mafiosità, arrivati a questo punto lo ritengo un onore. Siamo stati perseguitati come fossimo canaglie. Trattati come se non fossimo della razza umana. Siamo diventati un’etnia da cancellare“, scrive usando la sua solita penna blu. “Eppure, siamo figli di questa terra di Sicilia, stanchi di essere sopraffatti da uno Stato prima piemontese e poi romano che non riconosciamo. Siamo siciliani e tali volevamo restare”, continua.

Una sorta di pamphlet autonomista quello dell’ultimo stragista che si improvvisa storico e auspica un ribaltamento della storia. “Hanno costruito una grande bugia per il popolo. Noi il male, loro il bene. Hanno affossato la nostra terra con questa bugia. Ogni volta che c’è un nuovo arresto si allarga l’albo degli uomini e delle donne che soffrono per questa terra. Si entra a far parte di una comunità che dimostra di non lasciare passare l’insulto, l’infamia, l’oppressione, la violenza. Questo siamo ed un giorno sono convinto che tutto ci sarà riconosciuto e la storia ci restituirà quel che ci ha tolto la vita”. Un pizzino che per il gip Alfredo Montalto “rappresenta davvero un manifesto di Cosa nostra e al contempo una chiamata in correità dei protagonisti (cioè la destinataria diretta, Rosalia, e quelli indiretti, cioè l’altra sorella Patrizia e il nipote Francesco)”. Affermazioni che il giudice definisce “inquietanti e eversive”, nell’ordinanza di custodia cautelare di Rosalia Messina Denaro.

Come tutti gli storici latitanti mafiosi, costretti a trovare il modo per comunicare nonostante la latitanza, anche lo stesso padrino di Castelvetrano doveva usare i pizzini. E Rosetta era una custode nonché collettrice dei biglietti del fratello. Sono decine i biglietti come questi scoperti dopo l’arresto dell’ex latitante. Messaggi arrotolati, sigillati con il nastro adesivo, spesso avvolti in piccoli pacchetti e nascosti nelle intercapedini delle sedie. Erano indirizzati a destinatari indicati con nomi in codice di “Fragolone (soprannome della sorella Rosalia ndr), Fragolina, Condor, Ciliegia, Reparto, Parmigiano, Malato, Complicato, Mela”. I pizzini venivano trasmessi attraverso una catena, più o meno lunga, di fedelissimi, che lo stesso boss, nei suoi scritti, definiva ‘tramiti’.

Non è la prima volta che Messina Denaro usa un simile tono nei suoi scritti. Nel 1993, quando ha cominciato la sua latitanza, scriveva queste righe a una sua amante dell’epoca: “Devo andare via, ma non posso spiegarti le ragioni della mia scelta. In questo momento le cose depongono contro di me, sto combattendo per una causa che non può essere capita. Ma un giorno si saprà chi stava dalla parte della ragione”. E alla stessa donna diceva: “Non voglio nemmeno pensare di coinvolgerti in questo labirinto da cui non so come uscirò per il semplice fatto che non so come e quando ci sono entrato. Non pensare più a me, non ne vale la pena…”. Anche se non ha un’istruzione, infatti, l’ex inafferrabile ha spesso sostenuto di aver letto centinaia di libri. Informazione confermata dai volumi trovati nell’appartamento di Campobello di Mazara, l’ultimo covo in cui ha trascorso la latitanza. D’altra parte nella corrispondenza che il boss ha intrattenuto con Antonio Vaccarino, l’ex sindaco di Castelvetrano incaricato dal Sisde di agganciarlo, Messina Denaro citava addirittura Benjamin Malaussène, il personaggio centrale dei romanzi di Daniel Pennac, che di mestiere faceva il capro espiatorio: “Non amo parlare di me stesso e poi oramai è da anni che sono gli altri a parlare di me, credo, mio malgrado, di essere diventato il Malaussène di tutti e di tutto, ma va bene così, sono un fatalista. So di avere vissuto da uomo vero e tanto mi basta”, scriveva firmandosi Alessio a Svetonio, lo pseudonimo utilizzato da Vaccarino.

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Matteo Messina Denaro, i nomi in codice per i pizzini: da “Fragolone” per la sorella Rosalia a “Condor”

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