Cultura

Premio Strega 2022, ecco tutto quello che c’è da sapere. E i sette finalisti rispondono alla domanda: chi vincerà?

di Davide Turrini

La sera del 7 luglio 2022, sette candidati (in via eccezionale) si contenderanno il 76esimo Premio Strega. Sono: Randagi di Marco Amerighi (Bollati Boringhieri); Nova di Fabio Bacà (Adelphi); E poi saremo salvi di Alessandra Carati (Mondadori); Spatriati di Mario Desiati (Einaudi); Nina sull’argine di Veronica Galletta (Minimum Fax); Quel maledetto Vronskij di Claudio Piersanti (Rizzoli); Niente di vero di Veronica Raimo (Einaudi). Sette titoli di notevole fattura, stimolanti, mai banali, e sette autori piuttosto agguerriti. Anche in mancanza di vere e proprie superstar finaliste c’è un nome vincente che circola insistentemente da settimane: Desiati con il suo Spatriati. A questo punto vedremo chi arriverà secondo: Amerighi o Bacà? O addirittura Galletta? Alcune curiosità: la casa editrice milanese Adelphi torna in cinquina, pardon settina, dopo 33 anni (nel 1989 partecipò con il libro di Roberto Calasso, Le nozze di Cadmo e Armonia); Bollati Boringhieri festeggia la sua prima finale, che dimostra anche l’ottimo lavoro nella sezione romanzi sviluppatasi con attenzione in lustri recenti; il gruppo Mondadori riempie il resto della lista con ben quattro titoli (due Einaudi, un Rizzoli, un Mondadori). Albo d’oro: Mondadori 23 vittorie; Einaudi (15) e Bompiani (10). Di seguito una breve scheda critica di ogni libro, le probabilità di vittoria e tre domande identiche poste dal FQMagazine ad ogni autore.

Marco Amerighi, Randagi (Bollati Boringhieri)

I fratelli pisani (agli antipodi) Tommaso e Pietro e la maledizione della famiglia Benati. Affresco funambolico, stralcio storico, umano, viscerale di affetti familiari, di giovani vite che immaginano il futuro prima che accada e prima di non viverlo forse mai. Immobili, spaventati e guerrieri. affacciati con il balcone di casa sulla Piazza dei Miracoli e in mezzo a progetti Erasmus senza puzze sotto al naso. C’è un po’ di Veronesi e una certa ruvida giocosità toscaneggiante. Ci vogliono pure i fazzoletti. Spiscioratissimo. Probabilità di vittoria: meriterebbe il 51% ma in realtà arriva a malapena al 5%.

Incipit:Trovava insopportabile l’idea di scomparire. Sul ponte panoramico o tra le braccia di una sconosciuta, in un campo di battaglia o davanti a un motel per commessi viaggiatori, tutti i maschi della sua famiglia, prima o poi, tagliavano la corda; solo che lui non riusciva a farsene una ragione”.

Che significato ha Randagi per lei?
I randagi sono quelle ragazze e quei ragazzi nati tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta, cresciuti nella certezza che la vita si sarebbe dispiegata di fronte a loro come un lungo tappeto rosso che li avrebbe condotti a un buon lavoro, a una famiglia, al successo: alla felicità, insomma. Tutto faceva pensare che questa generazione avrebbe portato ancora più in alto la parabola di crescita intrapresa dai loro nonni dopo la Seconda Guerra mondiale e rafforzata dai loro genitori durante il boom economico e invece… e invece, nonostante i viaggi, gli Erasmus e i benefici dell’era digitale, questi ragazzi e queste ragazze si sono scoperti la prima generazione della decrescita. La prima a vivere in condizioni di instabilità economica, politica e sociale maggiore dei loro predecessori. E questa disillusione li ha destabilizzati, spaesati a tal punto da farli diventare raminghi, randagi appunto, come in preda a un terremoto invisibile che – dal G8 di Genova agli attentati terroristici di Madrid fino ai moti di contestazione studentesca del 2007 e 2008– li ha portati a vagare senza meta, perdendo la amalgama e la rabbia che li teneva uniti come collettività. Pietro, Dora e Laurent, e gli altri randagi di questo romanzo, perdono tempo e occasioni. Ma stando insieme sviluppano la capacità di fiutarsi, e di riconoscersi, come branco: come una nuova famiglia ibrida, fluida e allargata, ma fatta dello stesso impasto sgangherato, generoso e battagliero.

Perché scrive?
Non so rispondere a questa domanda. O, al contrario, mi vengono in mente troppe risposte per poterle riassumere qui in poche righe. So perché ho scritto Randagi, però. La prima è per raccontare una storia, ovviamente, anzi molte storie, perchè Randagi è un romanzo di formazione, una saga famigliare, un romanzo d’amore… La seconda è per restituire una mia idea di mondo, un mondo che non è costruito sulla retorica del ‘viaggio dell’eroe’ – frutto di una retorica capitalista che ha prodotto storture sociali, economiche e di pensiero – che ci dice che se ci sforziamo, se ci sacrifichiamo e se soffriamo prima o arriveremo a un miglioramento e a una ricompensa. Chi l’ha detto che la vita debba essere un continuo inanellarsi di preoccupazioni e desideri frustrati? Chi l’ha detto che dobbiamo trovare tutti questo benedetto posto nel mondo? Magari non ce l’abbiamo proprio. Non sarebbe più bello, e rivoluzionario, affrancarci da cosa dovremmo essere e concentrarci sul tragitto, invece che sulla ricompensa alla fine del viaggio? Randagi è anche questo, una storia di giovani falliti che esercita una libertà rivoluzionaria: fallire, cercando di farlo sempre un po’ meglio.

Chi vince il premio Strega 2022?
Ormai manca talmente poco che è inutile chiederselo. Basta aspettare giovedì (stasera ndr).

Il quarantenne Amerighi, pisano, è il più giovane della settina Strega 2022. Laureato in Letteratura spagnola, traduce testi stranieri in italiano. Non più di quattro anni fa il suo esordio, Le nostre ore contate, fu tradotto in francese. È molto attivo su Instagram dove posta paesaggi semi urbani, suoi primi piani e molti libri di suoi colleghi.

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