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Il neofascista e l'americano: chi c'era nel commando? - 7/9

Nonostante le sentenze abbiano condannato più di venti mafiosi, sull'attentato del 23 maggio 1992 restano ancora molte ombre. Buchi neri, dettagli mai chiariti, piste mai battute. E poi fantasmi che compaiono e scompaiono sullo sfondo del cratere aperto dall'esplosivo sull'autostrada tra Palermo e Capaci. Già, l'esplosivo: che tipo di esplosivo? E perché Riina non fa uccidere il giudice a Roma, dove girava spesso senza scorta? E ancora: c'era davvero una donna sul luogo della strage?
Il neofascista e l'americano: chi c'era nel commando? - 7/9
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Il neofascista e l’americano: chi c’era nel commando?

Per la verità, a schiacciare quel telecomando doveva essere Pietro Rampulla, un mafioso della provincia di Messina, ex fascista vicino a Ordine nuovo esperto di esplosivi. “A Capaci l’artificiere doveva essere Rampulla; doveva essere lui ad azionare il telecomando finale, ma aveva un impegno e non è potuto venire. Ha chiesto se poteva essere libero, e io gli ho detto: Vai che so io quello che devo fare”, ha raccontato sempre Brusca. Può un mafioso annullare la sua presenza alla strage più delicata della storia di Cosa Nostra chiedendo semplicemente un giorno libero? Non è l’unico mistero legato al commando. Gioacchino La Barbera è l’uomo che il 23 maggio del 1992 avvisò i killer dell’arrivo delle auto blindate dall’aeroporto. Tempo fa ha fatto per la prima volta cenno ad una presenza estranea a Cosa nostra nelle fasi preparatorie della strage: quando i boss si erano riuniti per collegare le singole cariche d’esplosivo c’era anche un uomo sconosciuto che parlava “soltanto a bassa voce”. Chi era? Si tratta della stessa persona indicata recentemente da Maurizio Avola? Il pentito di Catania – come ha raccontato Repubblica – si è auto accusato di aver trasportato detonatori e tritolo a Termini Imerese, mettendoli a disposizione di Cosa nostra di Palermo. Lui e il boss Marcello D’Agata sono gli ultimi indagati per la strage. Ma Avola ha raccontato anche altro. Agli inizi del 1992 ha detto di aver conosciuto un artificiere statunitense esperto in esplosivi inviato in Sicilia dal boss John Gotti. L’artificiere americano era a Capaci? “Ercolano mi disse che il forestiero aveva collaborato all’attentato”, ha detto Avola. D’altra parte restano senza risposta anche le domande sulle tre telefonate partite da uno dei cellulari clonati. È il telefono usato da uno degli stragisti: Nino Gioè, poi morto suicida in galera. Quelle telefonate sono tutte indirizzate a un’utenza del Minnessota: la prima da 40 secondi alle 15,17, la seconda da 23 secondi alle 15,38, la terza da ben 522 secondi alle 15,43. Meno di due ore dopo ecco l’esplosione. Con chi parlava Gioè in America?

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