Due abitazioni passate al setaccio dai Carabinieri del Ros: una a Roma, l’altra a Verona. Un intervento, su mandato dalla Procura di Caltanissetta, alla ricerca dell’agenda rossa di Paolo Borsellino. Le abitazioni sono quelle dei familiari di Arnaldo La Barbera, l’ex capo della squadra mobile di Palermo morto nel 2002, coordinatore delle prime indagini sulla strage di via D’Amelio, quelle depistate dalle dichiarazioni del falso pentito Vincenzo Scarantino. Come anticipa la Repubblica, le perquisizioni a casa della moglie e di una figlia del superpoliziotto sono avvenute lo scorso mese. A farle scattare sarebbe stato il racconto dettagliato di un testimone, una persona vicina alla famiglia La Barbera. L’agenda del magistrato, secondo la testimonianza, sarebbe stata nascosta proprio a casa dei familiari dell’ex capo della squadra mobile di Palermo. L’agenda non è stata trovata ma i militari del Raggruppamento operativo speciale hanno sequestrato tanti documenti dell’archivio del superpoliziotto.

Le ricerche dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, pertanto, non si sono mai fermate. Da anni ormai si dà la caccia a quel diario che il magistrato aveva iniziato a utilizzare subito dopo la morte di Falcone: lì annotava i suoi incontri, il risultato dei suoi interrogatori, i ragionamenti e gli spunti investigativi che stava seguendo e chissà cosa altro. La foto di un carabiniere con lo smanicato azzurro in via D’Amelio subito dopo l’esplosione con in mano la valigetta di Borsellino, portò Giovanni Arcangioli a essere accusato del furto dell’agenda. Accusa dalla quale sarà poi prosciolto. Secondo quanto ricostruito dalle indagini e dalle testimonianze quella stessa valigetta di pelle finirà proprio nella stanza dell’ex capo della squadra mobile di Palermo.

Di certo c’è che fu proprio Arnaldo La Barbera a consegnare alla famiglia la valigetta di Paolo Borsellino. Lucia, la figlia del magistrato, fu una delle prime persone che ha fatto notare la mancanza dell’agenda rossa dalla valigetta del padre. “Io ho testimoniato personalmente in ordine alla presenza dell’agenda rossa nella borsa perché sono stata testimone oculare dell’utilizzo dell’agenda da mio padre la mattina del 19 luglio”, ha detto più volte Lucia Borsellino, ricordando che quando fu riconsegnata alla famiglia la borsa del giudice “mi sono arrabbiata perché non ci era stata consegnata l’agenda rossa ed ero certa che fosse nella borsa”. Già pochi giorni dopo la strage Arnaldo La Barbera dice che dentro la valigetta di Borsellino l’agenda rossa non c’era. O che forse era andata distrutta nell’esplosione.

Quello messo in campo dal gruppo che indagava sulle stragi del ’92 guidato da Arnaldo la Barbera è stato definito dai giudici della Corte d’assise di Caltanissetta “uno dei più gravi depistaggi della storia giudiziaria italiana”. Di La Barbera parla anche Matteo Messina Denaro in uno degli interrogatori con i magistrati, avvenuto dopo il suo arresto del gennaio scorso: “Dopo non so quanti anni, avete scoperto che non c’entrava niente Scarantino e non mi riferisco a voi, è un plurale maiestatis… Ora la mia domanda è, me la pongo, diciamo, da scemo: perché vi siete fermati a La Barbera? Perché La Barbera era all’apice di qualcosa… ha capito cosa… il contesto? “, ha affermato l’ex latitante morto il 25 settembre scorso parlando del falso pentito che con le sue dichiarazioni ha depistato le indagini su via d’Amelio e al superpoliziotto che ha gestito la sua collaborazione. Messina Denaro, sempre parlando in modo criptico, chiude poi l’argomento con una domanda provocatoria: “E se La Barbera fosse ancora vivo, ci sareste arrivati o vi sareste fermati un gradino prima di La Barbera?”.

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