Sul 41 bis, ne sto sentendo di tutti i colori. Ma è giusto che se ne parli, ma ciò dovrebbe avvenire con cognizione di causa e non per “disorientare” l’opinione pubblica. Vorrei ricordare che nel corso della mia attività investigativa, spesso tra un interrogatorio e l’altro, c’erano momenti di relax e ciò mi consentiva di affrontare coi pentiti di Cosa nostra tematiche del loro mondo. Parlavamo la stessa lingua, nel senso che ero conoscitore delle dinamiche mafiose oltre che dei componenti le famiglie.

Un documentario Rai di qualche anno fa parlava di me dicendo: “Pippo Giordano: un detective come direbbero gli americani. Una specie di infiltrato permanente nelle famiglie mafiose. Funzionava come una sorte di archivio vivente”. Quindi, per me era davvero facile disquisire sulla mafia e sui suoi adepti (allora ero giovane ora sugnu vicchiareddu). E tra i vari temi affrontati, c’era anche il 41 bis. E per far meglio comprendere a chi legge cito un dialogo che ebbi con un importante pentito di Cosa nostra, proprio sul 41bis: “Pippo, noi al carcere Ucciardone eravamo i padroni di casa. Comunicavamo all’esterno con estrema facilità. Non vi erano restrizioni e quindi all’interno potevamo socializzare, specialmente noi punciuti. Le guardie ci consentivano anche di pranzare e cenare in compagnia. Ti racconto un episodio. Un giorno – siamo negli anni 70 -, U zu Saru (Rosario) Riccobono, da latitante entrò all’Ucciardone con champagne, cassate e torta per festeggiare il compleanno di un uomo d’onore importante. Dopo i festeggiamenti – a cui io partecipai – ci salutò con abbracci e baci e uscì tranquillamente dall’Ucciardone”.

Qualche anno fa ho letto sui giornali che un detenuto in regime di 41 bis diede l’ordine all’esterno di uccidere un uomo d’onore. Ebbene, quel detenuto fu da me arrestato nel 1983 ed è ancora recluso. Penso che quanto detto basti per far comprendere come il 41bis sia assolutamente necessario e non deve essere abolito.

Tuttavia, a parere di chi scrive bisognerebbe evitare di farne un uso generalizzato, ma di applicarlo quando le effettive ragioni lo consentono. Giova che io ricordi un mio pensiero pubblicato in un giornale siciliano con riferimento a Binnu U Tratturi (Bernardo Provenzano). Si ricorderà che Provenzano nell’ultimo periodo della sua vita era diventato un vegetale; ovvero senza capacità di discernere il bene dal male. E quindi come avrebbe potuto interagire col mondo esterno in quelle condizioni? Lo Stato dimostrò di essere forte nel non volergli togliere il 41 bis? No! Non penso proprio. Comunque – in risposta al mio pensiero su Provenzano – ricevetti offese e contumelie di ogni tipo, ma non cambiai opinione.

Articolo Precedente

“Se avessi davanti Messina Denaro, questa sarebbe la mia prima domanda”. Il dilemma di Grasso che potrebbe essere risolto dal boss

next
Articolo Successivo

‘Ndrangheta, la giustizia tedesca certifica l’espansione in Germania della criminalità organizzata calabrese

next