Sono incazzato per le notizie che apprendo nei telegiornali”. È quanto ha riferito, secondo la testimonianza di fonti sanitarie e penitenziarie, il boss Matteo Messina Denaro all’interno del carcere di massima sicurezza dell’Aquila, dov’è detenuto in regime di 41-bis. Sul suo conto, dice il boss, “vengono raccontate balle, ed è tutto frutto di fraintendimenti”. Contrariamente ai primi giorni di reclusione, infatti, in questi giorni l’ex latitante sta guardando con attenzione la televisione.

Lunedì mattina, Messina Denaro si è sottoposto alla seconda seduta di chemioterapia nel supercarcere dell’Aquila, durata circa quattro ore e terminata intorno alle 14. L’equipe di oncologi dell’ospedale San Salvatore, guidata dal primario Luciano Mutti, lo ha assistito nella somministrazione della terapia per il tumore al colon – nell’ambulatorio ad hoc allestito di fronte alla sua cella – e nelle prossime ore lo terrà sotto osservazione per verificare eventuali effetti collaterali. Secondo chi lo ha osservato, il boss stragista è apparso in buona forma e sempre più fiducioso nei medici. Rispetto alla malattia si dichiara “fatalista”, con un atteggiamento positivo verso le cure. “Il paziente è in buone condizioni, ha appetito, è riposato, sono buoni indicatori”, emerge dalle fonti.

Intanto Giovanni Luppino, l’autista che lo ha accompagnato alla clinica di Palermo dove entrambi sono stati arrestati il 16 gennaio, ha rinunciato al ricorso al Tribunale del Riesame contro la custodia cautelare in carcere. I pm gli contestano i reati di procurata inosservanza della pena e favoreggiamento, entrambi con l’aggravante mafiosa. In vista dell’udienza al Riesame, la Procura aveva depositato agli atti una foto, trovata nel cellulare di Luppino, che ritrae l’Alfa Romeo Giulietta del capomafia parcheggiata davanti a casa sua il 25 dicembre scorso. Una circostanza che smentisce la tesi difensiva dell’indagato, che ha raccontato, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, di aver conosciuto il boss sei mesi prima col nome di Andrea Bonafede (l’identità usata durante la latitanza) e di averlo rivisto solo la mattina dell’arresto, quando Messina Denaro, sempre sotto falso nome, si sarebbe presentato a casa sua per chiedergli un passaggio per la clinica.

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