“Il presidente Alfredo Montalto ricostruisce il clima politico è istituzionale dell’epoca: il governo Ciampi si era dimesso, Oscar Luigi Scalfaro aveva sciolto le Camere fissando nuove elezioni per marzo, alle quali molti dei partiti presenti in quel momento in Parlamento non si sarebbero neanche presentati. La Prima Repubblica era già morta ma non lo sapeva nessuno. “Allora, pur volendo evitare qualsiasi enfasi, non può non ritenersi che quella strage avrebbe sicuramente cambiato (ovviamente in maniera tragica) la storia di questo Paese, aprendo la porta ad una fase di instabilità e di incontrollabilità del fenomeno mafioso foriera di esiti, sì, imprevedibili, ma certamente tutti gravemente negativi per la sopravvivenza stessa delle Istituzioni democratiche”, è la considerazione della corte d’Assise. Una scenario di caos in cui è Cosa nostra che prende in mano lo Stato. Uno scenario terrificante che non si è avverato solo per una coincidenza. Anzi tre. È sempre la corte a metterle in fila: “L’occasionale fallimento dell’attentato unitamente all’arresto dei fratelli Graviano che di lì a pochi giorni sarebbe avvenuto a Milano, ha mutato il corso delle cose e forse “salvato” il Paese da anni sicuramente bui e tristi“. Quale è la terza coincidenza? “L’affacciarsi anche di nuove forze politiche che soltanto col successivo declino mafioso sarebbero riuscite ad acquisire la necessaria autonomia di azione, inizialmente compromessa da risalenti rapporti di tipo economico/elettorale tra taluni suoi esponenti di primo piano e soggetti più o meno direttamente legati a Cosa nostra“. Il riferimento è chiaramente per Forza Italia, il partito di Dell’Utri e Berlusconi, legato economicamente a Cosa nostra, votato dai boss, che alla prima esperienza di governo si fa segnalare – lo raccontano sempre le motivazioni della sentenza – perché inseriva nei decreti legge provvedimenti a favore della mafia anticipati in via esplusiva da Dell’Utri a Vittorio Mangano. 

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