Il 10 giugno a San Luca non si voterà. Nel comune in provincia di Reggio Calabria, dopo cinque anni di commissariamento, non è stata depositata nessuna lista. Sabato alle 12, infatti, è scaduto il termine per la presentazione di liste e candidati ma, a parte gli impiegati comunali, nel palazzo dell’ente non c’era nessuno. I modelli per le elezioni sono rimasti lì, così come i plichi per confezionare gli elenchi dei candidati che dovevano essere sigillati e inviati in prefettura. “Sono tre anni che sono pronti – dice un funzionario dell’ufficio elettorale –. Li terremo per il prossimo anno”. La politica è la grande assente: nessun partito ha mai tentato seriamente di avvicinarsi alla parte sana del paese.

San Luca è la culla della ‘ndrangheta e regno delle cosche Nirta, Strangio, Pelle e Vottari. Si tratta delle famiglie che nel 2007 erano riuscite a “esportare” la faida anche a Duisburg, nel cuore di una Germania che fino ad allora si sentiva lontana anni luce da quel paesino della Locride arroccato sull’Aspromonte, conosciuto per i sequestri di persona degli anni ottanta. Nel 2013 il Comune era stato sciolto per infiltrazioni mafiose. Nel 2015, l’unica lista che ha partecipato alle elezioni “post scioglimento” non ha raggiunto il quorum. Da allora, per tre volte consecutive, nessuna lista è stata più presentata per le comunali. Nel 2016, i cittadini dissero: “È la nostra protesta contro lo Stato”. Lo stesso fecero l’anno successivo. La protesta continua e la storia non cambia neanche nel 2018.

I cittadini restano in piazza e non si muovono: “La realtà è questa – si sfoga uno di loro –. Qui la gente si è stancata ed è convinta al 100% che fare un sindaco o fare un commissario, alla fine non cambia nulla. Siamo in una tonnara e noi siamo i tonni che sguazzano in questo marasma di sangue”. Un altro non è d’accordo: “Meglio una cattiva amministrazione che un buon commissario”.

“Possono passare anni e decine di anni – aggiunge un signore al bar –. San Luca se ne strafotte. La ‘ndrangheta è da tutte le parti. Non solo qui”. Il Comune sarà retto ancora dal commissario prefettizio, eppure il prefetto nei giorni scorsi aveva chiarito che – dopo cinque annidi lontananza della politica dalla gestione amministrativa dell’Ente – San Luca aveva tutti i requisiti per tornare a votare. Il commissario straordinario Salvatore Gullì ha rimesso in sesto le casse del comune e ha avviato, assieme alle altre istituzioni, una serie di iniziative per rilanciare un territorio vastissimo nonostante siano solo 3mila i residenti di San Luca.

Il piccolo comune della Locride, infatti, copre un importante pezzo d’Aspromonte dove ricade anche santuario di Polsi, un luogo di culto dalle cosche reso famoso per il summit che ogni anno vede le storiche famiglie mafiose sedersi attorno a un tavolo.

“Bisogna scindere da ciò che è ‘ndrangheta dalla restante della popolazione onesta”. Il prefetto di Reggio Calabria Michele Di Bari è convinto che “ci sono tutte le energie perché la municipalità possa essere restituita ai cittadini attraverso libere e democratiche elezioni. Il commissario Gullì ha adottato una serie di misure capaci di restituire la vera dignità al Comune di San Luca. Mi dispiace che nessuno abbia voluto cimentarsi in questa sfida. Bisogna affiancare di più la cittadinanza. Si tratta di cambiare la mentalità, di agire attraverso un’inversione di tendenza”.

Per anni procuratore di Reggio Calabria, il capo della Dna Federico Cafiero De Raho parla addirittura di “stallo sociale e democratico”. Per il magistrato, la mancata presentazione delle liste “è un fatto grave”. “San Luca – ha dichiarato all’Ansa De Raho – ha bisogno di crescere democraticamente. Evidentemente nel territorio non si vuole l’omologazione a forme democratiche o i condizionamenti sono talmente forti da impedire candidature”.

Per l’ormai ex presidente della Commissione parlamentare antimafia Rosy Bindi, invece, è necessario “un intenso lavoro missionario di formazione e ricostruzione del tessuto sociale. L’impossibilità di svolgere elezioni è una sconfitta per la democrazia”. Secondo l’esponente del Pd, “spetta in primo luogo alle forze politiche mettersi al servizio di queste comunità, tornando ad essere presenti in un impegno quotidiano di educazione alla democrazia e alla legalità, per far maturare una nuova coscienza dei diritti e dei doveri di cittadinanza”.

La grande assente a San Luca è proprio la politica. Le inchieste giudiziarie hanno dimostrato come i politici preferiscono bussare alla porta del boss Giuseppe Pelle, chiedere i voti, pagarli, incassare il consenso e andarsene. Troppo impegnativo dedicarsi apertamente al Comune “più mafioso” d’Italia col rischio, in pubblico, di stringere mani sporche di sangue e di cocaina. La migliore analisi è di un signore che per 43 anni ha lavorato in Germania e che, una volta pensionato, è tornato sull’Aspromonte: “Col tempo verrà il sindaco. Appena si mettono le cose a posto fuori San Luca. Chi è pulito e onesto non deve avere paura. Chi ha paura si sente la coda macchiata”.

Domenica, fuori tempo massimo, il massmediologo Klaus Davi ha fatto sapere di essere “pronto a candidarsi” e ha chiesto alla Prefettura e al ministero degli Interni una proroga per la presentazione delle liste elettorali. Richiesta che la legge non consente però di accogliere.

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