“No camorra!” è scritto in rosso su di un lungo lenzuolo fatto sfilare nelle viuzze del rione Sanità a Napoli. Le donne sono in prima fila. Urlano, piangono, scandiscono parole inequivocabili: “Basta camorra, i nostri figli hanno diritto a vivere”. Tanta rabbia, disperazione e solitudine. E’ il giorno dopo l’efferato omicidio di un ragazzino: Genny Casarano, 17 anni, colpito a morte in piazza Sanità mentre era con i suoi amici. E’ l’alba d’inizio settembre. Un commando di killer in sella a scooter irrompe. Parte la sventagliata. Venti colpi esplosi da due differenti pistole. Un agguato. A terra, a pochi metri dalla Basilica di Santa Maria della Sanità, dove saranno celebrati i suoi funerali, resta Genny. Inutile la corsa al pronto soccorso. E’ una vittima. L’ennesima. La bara bianca. I fiori, i palloncini, la folla. Lo sguardo della statua di San Vincenzo ‘o Munacone, ammonisce.

Alex Zanotelli e donIMG_20150918_114848 Antonio Loffredo durante la celebrazione dei funerali pronunciano un’omelia che suona come un duro atto di denuncia non solo contro uno Stato assente. E poi la promessa: “Non saranno rimosse le coccarde a lutto. Resteranno esposte all’esterno della chiesa, alle finestre, ai balconi del rione fino a quando non sarà stata fatta giustizia”. Sembrava l’inizio di una rivoluzione, il possibile riscatto, il vento di popolo. Sono trascorsi meno di trenta giorni. Del 17enne resiste lo striscione “Genny vive” adagiato sulla parete della Basilica e di fronte l’albero dell’ulivo piantato in un suo ricordo a piazza Sanità con la sua foto, qualche palloncino, dei bigliettini e un lumicino. La parola camorra neppure si pronuncia più. Per la verità, già il giorno dei funerali, un cartello scritto dal presidente della municipalità Giuliana Di Sarno che conteneva quella parola impronunciabile è malamente stracciato. Un altro, invece, la sera prima è fatto scomparire. E la rivoluzione? La voglia di cambiare? Le promesse? Le mamme del rione? Perfino le coccarde sono scomparse. Se ne contano appena cinque di cui due esposte all’ingresso della chiesa.

E’ sempre più vera a distanza di anni l’analisi dello studioso e compianto Amato Lamberti: “Le gang metropolitane, la camorra, sono ammortizzatori sociali, che impediscono ribellioni violente. Nella tolleranza alle illegalità del crimine piccolo e grande, si evitano di fatto le rivoluzioni politiche dal basso, stravolgimenti traumatici che nascono sempre per necessità economiche”. C’è tanto bene al rione Sanità, storie di resistenza, protagonismi e slanci di grande generosità e solidarietà. Lì tra catacombe, tufo, altari paleocristiani, basiliche, chiese, arte, cultura e ossari c’è la vera anima di Napoli. Senza ambiguità bisogna spalare la ‘montagna di merda’, gridare “No camorra”. Praticare la legalità facendo i nomi ed i cognomi. Rompere il quieto vivere. Spezzare le connivenze. Rifiutare le convenienze. Guardare il mostro negli occhi e liberarci come fecero anche gli scugnizzi del rione Sanità combattendo contro i nazi-fascisti. “Genny vive” e vivrà se giustizia e rivoluzione diventano la nuova pelle di Napoli. Altrimenti sarà solo uno slogan.

Articolo Precedente

Beni confiscati alla mafia, Csm apre pratica trasferimento di 5 magistrati

next
Articolo Successivo

Camorra, in manette l’architetto del bunker di Michele Zagaria e la sorella del boss dei Casalesi

next