Undici anni di lavori di messa in sicurezza e quasi 50 milioni di euro spesi. Venti lotti in 20 chilometri e un tam tam di appalti e subappalti. Una ditta appaltatrice indagata per associazione a delinquere. Opere bloccate per mesi. Ritardi. Sviste. Errori. La storia italiana del torrente Carrione, a Carrara. Di lavori non eseguiti a regola d’arte e di soldi pubblici gettati in fumo. Con un epilogo che è un déjà vu: l’ennesima alluvione – la quarta dal 2003 – un’altra vittima, una donna di 62 anni, centinaia di sfollati e oltre 100 milioni di euro di danni. A Carrara la storia non insegna.

Era il 2000 quando il Comune di Carrara cominciò a pensare a come gestire il rischio idrogeologico, sulla scia della legge Sarno del 1998 (fu approvata proprio la devastazione del paese in provincia di Salerno). Ma solo nel 2003, anno dell’alluvione in cui perse la vita Idina, una donna di 76 anni, la macchina amministrativa cominciò a muoversi. Lentamente. Furono stanziati i fondi e divise le competenze fra i vari enti: alla Provincia gli argini, al Comune i ponti, al consorzio di bonifica la manutenzione. I venti chilometri del torrente sono stati divisi in una ventina di lotti, a loro volta suddivisi in “sotto-lotti”. Come l’intervento sull’argine del Carrione, che si è sgretolato e ha provocato il nuovo disastro: era stato diviso in quattro stralci, uno era stato appaltato alla Giovannini Costruttori, che a sua volta l’ha subappaltato alla Elios di Aulla. L’ipotesi è che sia stato fatto per aggirare i controlli – per i lavori sotto i 500mila euro non serve il collaudo – ma spetterà alla procura di Massa Carrara stabilire se è fondata.

Tra le ditte che hanno avuto appalti c’è anche la Tullio Edil Calcestruzzi, dell’Aquila, il cui proprietario, Tullio Genesio, è tra gli indagati per l’alluvione nel Molise del 2003. La Procura di Campobasso lo accusa di aver intascato somme illecite e non aver eseguito i lavori di messa in sicurezza degli argini del fiume Biferno; per questo deve rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dell’erario, oltre che di falso ideologico e danno ambientale. Prima dell’iscrizione nel registro degli indagati, a Carrara la Tullio Edil Calcestruzzi si era già aggiudicata dal Comune un appalto da oltre un milione di euro per la realizzazione di un ponte ad Avenza.

Ritardi, blocchi, ricorsi e controricorsi
Ma dietro ai lavori di messa in sicurezza del Carrione, c’è anche una lista infinita di lungaggini. Progetti scritti e riscritti. Lavori partiti in ritardo. È il caso del ponte della Bugia – dove il Carrione è esondato – nel centro storico di Carrara: dopo anni di dibattiti sull’opportunità o meno di abbattere il ponte stesso, si è deciso di ricorrere all’abbassamento dell’alveo, per tutelare il valore storico della struttura. Nemmeno il tempo di aprire i cantieri, nel 2010, che subito vengono chiusi per un altro anno: durante lo scavo infatti crolla un palazzo. Il contratto con la ditta è stato rescisso, è partito il processo, ricorsi e controricorsi. E alla fine i lavori sono ripartiti. Nel 2012, quando il Carrione è straripato due volte, provocando circa 30 milioni di euro di danni.

Progetti scritti e riscritti. Lavori partiti in ritardo. È il caso del ponte della Bugia: i cantieri furono aperti e poi chiusi dopo un anno. Crollò un palazzo

Lungo i suoi venti chilometri poi il torrente è stato rattoppato un po’ qui e un po’ là, con argini in alcuni casi mai terminati. Come all’altezza del ponte della ferrovia: lì il problema è un rimpallo di competenze fra i vari enti, risolto con un accordo di programma stipulato fra Regione, Provincia, Comune e Consorzio. Prima o poi partiranno anche i lavori, ma non è una certezza, è solo una speranza. Intanto siamo arrivati al 2014 e Carrara è nuovamente in ginocchio.

La mappa con il bollino rosso
Ma il Carrione non è l’unico torrente nella provincia di Massa Carrara a rischio esondazione. La mappa della protezione civile parla di una zona a bollino rosso. Sono perlopiù corsi d’acqua con una grossa pendenza, schiacciati in alvei troppo stretti per contenere le piene di acqua e – in alcuni casi – detriti. C’è ad esempio, a Massa, il torrente Ricortola, un rigagnolo quando non piove, che nasce nel Candia, dove si produce il vino apuano, e da lì si srotola nelle colline fino a mare, attraversando tutta la città. Nel 2012 è esondato e non era per la prima volta. Ci furono 300 sfollati, 5mila famiglie coinvolte, venti milioni di danni e una vittima: un uomo di 79 anni, morto per infarto dopo essere era sceso nella cantina della sua abitazione per verificare se si fosse allagata. Anche in questi giorni il Ricortola è tracimato allagando, fortunatamente, solo strade e terreni. I lavori di messa in sicurezza sono partiti quest’anno: erano bloccati perché la zona insisteva in Sin (Sito di interesse nazionale), adesso Sir (Sito di interesse regionale). Saranno abbattuti e ricostruiti quattro ponti.

Il Frigido, il gemello del Carrione
C’è poi il fiume Frigido, il fratello gemello del torrente Carrione. Nasce nel cuore delle Alpi Apuane, lato massese, e attraversa decine di cave. Anche lui “soffre” di un’invasione di detriti provenienti dall’escavazione del marmo, che tappano il corso d’acqua e, nel piano, innalzano l’alveo. È il fiume principale della città, quello che la divide fra il “di qua” e il “di là” e che attraversa la maggior parte dei quartieri abitati. Secondo la relazione del piano di protezione civile il rischio di esondazione a valle è alto. Ma come a Carrara, anche a Massa il marmo non si tocca e a monte continuano a esserci numerosi ravaneti, pendii pieni di detriti. Il Comune ha approvato alcuni giorni fa il progetto esecutivo per l’abbattimento e la ricostruzione del ponte sul litorale, vicino alla foce. Il Frigido ha la fortuna di avere un alveo più largo rispetto a quello degli altri corsi d’acqua del territorio, ma questo non gli ha impedito di esondare e invadere l’intero paese di Forno nel 1968.

Tra i corsi d’acqua critici c’è anche il Canalmagro, a Montignoso, che nasce nelle montagne e sfocia nel fiume Versilia. Le sue esondazioni a valle non si contano più, anche se i danni sono sempre stati contenuti perché l’area è poco abitata. Il problema principale è la perdita di una cassa di espansione: la Buca degli Sforza. Negli anni 1970 vi furono versati scarti industriali che hanno inquinato il terreno, seccandolo. L’area è stata inserita a fine anni Novanta nelle zone da bonificare con urgenza, ma i lavori non sono mai stati eseguiti. Il rischio, secondo gli ambientalisti che da anni riempiono la procura di esposti, è che abbattano gli argini dell’altra cassa di espansione, situata più a monte, vicino a case. E in questo caso i danni sarebbero enormi.

C’è infine il Magra, fiume che bagna due regioni – Toscana e Liguria – e che nel 2011 esondò, provocando due vittime ad Aulla e altri 11 in provincia di La Spezia. Anche nei giorni scorsi è tracimato e adesso è un sorvegliato speciale. Poi, sempre, nella Provincia di Massa Carrara ci sono i fossi del Sale, Magliano, Cocombola e Lavello, considerati dalla protezione civile “le aste idriche più a rischio esondazione”. Sono corsi d’acqua per la maggior parte tombati, che scorrono sotto la città, pronti a scoppiare in qualsiasi momento.

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