Momenti di alta tensione a Palermo tra forze dell’ordine e i manifestanti nel giorno del trentunesimo anniversario dello strage di Capaci. Era dai tempi dei funerali di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e degli agenti di scorta che non c’era una contrapposizione tra il popolo di Palermo e gli agenti dell’antisommossa. Stavolta vittima delle aggressioni sono stati alcuni partecipanti al corteo alternativo, quello promosso dalla Cgil, da alcune associazioni antimafia e sigle studentesche. Si tratta di una manifestazione organizzata per dire basta “alle passerelle e alle commemorazioni ipocrite dei martiri di questo Paese”.

Proprio oggi, però, agli organizzatori è arrivata la comunicazione ufficiale della questura: dopo la partenza dall’università, i quasi duemila partecipanti al corteo “alternativo” avrebbero dovuto sciogliersi all’altezza del Giardino Inglese, quindi a poche centinaia di metri dall’albero Falcone, che è in via Notarbartolo, proprio sotto l’appartamento abitato dal magistrato ucciso il 23 maggio del 1992. Nello stesso luogo alle 17.58, l’ora in cui l’autostrada saltò in aria, sarebbe terminata la manifestazione ufficiale in memoria della strage, quella alla quale partecipavano un migliaio di altri cittadini. Ma pure i politici: tra gli altri anche il governatore Renato Schifani e il sindaco Roberto Lagalla, spesso contestati per aver ricevuto l’appoggio elettorale di Marcello Dell’Utri e Totò Cuffaro.

I manifestanti del corteo alternativo – che intonavano slogan come “Fuori la mafia dallo Stato” – hanno cercato di forzare il cordone della polizia, venendo a contatto con gli agenti in assetto anti sommossa: alcuni sono stati spinti a terra, a qualcun altro è arrivata qualche manganellata. “Il nostro non era un corteo contro nessuno. Siamo tutti Palermo. Non ci possono essere appartenenze nel giorno della commemorazione, appartenenze che fanno lasciapassare ad alcuni e non ad altri”, dice Jamil El Sadi, di Our Voice, solo una delle tante sigle che hanno organizzato il corteo popolare, bloccato all’incrocio tra via Notarbartolo e via Petrarca. “Ieri mattina soltanto e soltanto a voce ci hanno detto che non potevamo andare oltre”, ripete El Sadi, attorniato da un gruppo di manifestanti.

L’ordinanza che limita la manifestazione dei sindacati e delle associazioni – notificata solo poche ore prima dell’inizio del corteo – imponeva lo stop in via Duca della Verdura (cioè all’incrocio della via Notarbartolo), ma soprattutto ordinava di far partire il corteo solo “dopo quello organizzato dalla Fondazione Falcone”. Un modo come un altro per evitare che i contestatori arrivassero a gridare “fuori la mafia dallo Stato” in faccia alle più alte cariche cittadine. Ai manifestanti arrivati in via Notarbartolo è stato inoltre chiesto di non portare fino all’albero Falcone un quadro che raffigura la premier Giorgia Meloni, Lagalla, Schifani con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi.

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