Noi abbiamo diverse fasi di indagine in corso”. L’arresto di Matteo Messina Denaro è un nuovo punto di partenza. Come spiega il procuratore capo di Palermo Maurizio De Lucia, gli inquirenti stanno lavorando intensamente. “Innanzitutto su chi lo ha protetto oggi, cioè chi gli ha consentito di vivere in un luogo relativamente tranquillo e di curarsi. Questa è una questione di breve periodo, perché è noto che quella casa è nella sua disponibilità da circa un anno. Questo è un lavoro che riusciremo a fare senza difficoltà”, spiega de Lucia. “Ma poi c’è il grosso del lavoro cioè ricostruire i 29 anni precedenti. È evidente – aggiunge il procuratore – che 29 anni di latitanza più uno, non si fanno intanto solo in quel territorio. Ed è chiaro che ha goduto di appoggi che non sono solo quelli della cosiddetta mafia militare”. Occhi puntati ovviamente sulla fitta rete che ha coperto la latitanza del capo di Cosa Nostra.

L’ambiente trapanese – sottolinea de Lucia – è un ambiente da sempre permeato di rapporti tra mafia e pezzi di ambienti che io chiamo genericamente della borghesia mafiosa, ma lo faccio per non dare specificazione ad elementi che riguardano particolari settori, dall’imprenditoria al mondo della sanità”. “Questo – conclude – ci induce a spingere i nostri accertamenti e le nostre verifiche fra il materiale che abbiamo, la rilettura di quello che avevamo e quello che contiamo di fare in queste ore”.

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