Perché le parole di Draghi non siano retorica compiacenza, servono scelte urgenti e coraggiose, altrimenti avranno avuto ragione quei magistrati che stanno lanciando allarmi che paiono inascoltati.

Penso alle parole dure di Nicola Gratteri, pronunciate l’altra sera al Maurizio Costanzo Show: “Draghi ne capisce di finanza, non di sicurezza e giustizia”. Penso a quelle del presidente dell’ANM Santalucia, che hanno fatto da sottofondo allo sciopero della magistratura contro la riforma Cartabia, del 16 maggio. Penso alle difficoltà che si vivono in molti Tribunali nel coprire gli organici previsti dalla legge, anche in posizioni molto delicate tipo le distrettuali antimafia, come ancora recentemente ha denunciato la Procuratrice di Torino Anna Maria Loreto.

A quali parole mi riferisco? A quelle pronunciate (oggi) da Draghi a Milano, intervenendo ad un convegno organizzato dalla DIA che sta celebrando i suoi 30 anni di impegno sul fronte del contrasto alle mafie e in particolare sul fronte dell’aggressione ai patrimoni illeciti. Draghi ha detto, tra l’altro: “L’Italia può e deve avere un ruolo guida a livello europeo nella lotta alla criminalità organizzata. Siamo all’avanguardia nella legislazione antimafia e nella protezione dei testimoni e dei loro familiari, uno strumento fondamentale per la giustizia sin dai tempi del maxiprocesso”.

Vero. Forse il presidente Draghi utilizzando la parola “testimoni” ha voluto fare riferimento tanto ai “testimoni di Giustizia” cioè a quelle (poche!) persone perbene che, avendo subito un reato di mafia o avendone visto commettere uno, hanno deciso di denunciare anziché abbassare la testa o girarla dall’altra parte, quanto ai “collaboratori di giustizia” cioè a quei delinquenti patentati che decidono di negoziare con lo Stato uno scambio tra informazioni utili alle indagini e benefici carcerari, strumento quest’ultimo fortemente voluto da Falcone, che ne affinò l’efficacia collegandolo a precise scelte di politica carceraria (4 bis e 41 bis), e di estensione della confisca di prevenzione.

E’ avvertito il Presidente del Consiglio che questi strumenti da un lato non funzionano come dovrebbero (troppi “testimoni-testimoni”, vittime di estorsione, stanno pagando un prezzo insopportabile a causa delle tortuosità della burocrazia) e dall’altra rischiano di essere azzoppate da “riforme” annunciate o mezzo-varate?

Ancora Draghi: “L’esperienza accumulata in tre decenni di lotta alle mafie ci ha dotato di strumenti sofisticati, dalle applicazioni più varie”.

Appunto; e quanto ci sono costate, bisogna aggiungere! Tra questi strumenti sofisticati, oltre a quelli già citati, ci sono la DIA e la DNA, ispirate ai principi di specializzazione e centralizzazione che furono, prima delle riforme volute da Falcone, praticati quasi come forma di “disobbedienza civile” dal pool di Palermo nell’istruire il maxi-processo contro la cupola di Cosa Nostra e che oggi devono fare i conti con organici e dotazioni spesso inadeguati. Ci sono le misure di prevenzione amministrative, come lo scioglimento dei Comuni per infiltrazione mafiose o le interdittive prefettizie, al cui valore Draghi dedica un passaggio esplicito (“Ampliamo gli strumenti a disposizione dei prefetti, come la prevenzione collaborativa”), che oggi vengono messe sempre più in discussione, non soltanto da chi in buona fede le vorrebbe migliorare, ma soprattutto da chi, maliziosamente, le vorrebbe neutralizzare. C’è soprattutto e prima di tutto l’indipendenza della magistratura, senza la quale Falcone e gli altri (da Terranova a Borsellino, passando per Bruno Caccia) avrebbero con ogni probabilità sortito risultati di gran lunga inferiori.

Infine, l’orizzonte verso il quale muoversi per Draghi pare essere sintetizzato in questo passaggio: “semplifichiamo le procedure, miglioriamo il sistema di contrasto alle infiltrazioni, rafforziamo i controlli”.

Un concetto del tutto condivisibile in linea di principio. Sono infatti convinto, e l’ho scritto in questo blog in tempi non sospetti, che non ci sia contraddizione tra la “semplificazione delle procedure” per non soffocare lo slancio dell’economia pulita e il “rafforzamento dei controlli” per chiudere ogni spazio di manovra ai malacarne: le tecnologie di cui disponiamo oggi lo consentono e la DIA è senz’altro all’avanguardia nel mondo per il loro utilizzo.

Il presidente Draghi conclude dando una bella notizia: l’intero governo olandese, finalmente allarmato per la prepotenza del crimine organizzato (probabilmente ha avuto un ruolo il brutale assassinio del giornalista Peter de Vries, morto il 15 luglio dell’anno scorso), è pronto a venire in Italia per un corso accelerato di antimafia. Auguriamoci che non se ne debbano andare col dubbio di aver sbagliato indirizzo.

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