Una delle emergenze provocato dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia riguarda il prezzo del grano. Il conflitto sta avendo pesanti ripercussioni sul mercato delle materie prime agricole, in particolare del mais, coinvolgendo l’intera Europa dell’Est che sta bloccando le esportazioni. L’Ungheria ha deciso ha deciso di vietare le esportazioni di grano nel timore che l’invasione russa possa causare carenze “significative” nell’approvvigionamento nazionale e un’impennata dei prezzi su scala mondiale. E così a oggi la disponibilità di materie prime per la produzione mangimistica è limitata a 20 giorni, massimo un mese.

“Se non si attivano canali di approvvigionamento alternativo, sarà inevitabile il blocco della produzione, con conseguenze devastanti per gli allevamenti e la necessità di abbattimento degli animali presenti nelle stalle e il crollo delle produzioni alimentari di origine animale, come carni bovine, suine e avicole, latte, burro e formaggi, uova e pesce” sottolinea Assalzoo, Associazione Nazionale tra i Produttori di Alimenti Zootecnici.

L’apertura del conflitto in Ucraina ha dimostrato, sottolinea l’associazione, “ancora una volta, la situazione fortemente critica dell’Italia a causa della sua massiccia dipendenza dall’estero per soddisfare la domanda interna di materie prime agricole. Una situazione che è andata aggravandosi negli anni, con il costante calo della produzione nazionale di mais, crollata dall’autosufficienza di una quindicina di anni fa ad uno scarso 50% attuale”.

Assalzoo chiede pertanto “l’adozione di misure urgenti per gestire l’emergenza, favorendo l’import di mais per scongiurare il profilarsi di una vera e propria debacle della zootecnia nazionale”. E di “mettere in atto di un piano immediato di incentivi per favorire la coltivazione di ulteriori superfici a mais, le cui semine prenderanno avvio tra pochi giorni”. Per l’alimentazione animale occorrono circa 9 milioni di tonnellate di mais a fronte di una produzione italiana di scarsi 6 milioni di tonnellate. È necessario coltivare in Italia almeno 300mila ettari in più per soddisfare la domanda della zootecnia nazionale.

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