Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lo ricorda come un “innovatore attento e lungimirante“. E sottolinea “il sacrificio“, insieme al “coraggio e alla generosa dedizione” di Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo. Il 3 settembre di 37 anni fa Cosa Nostra uccideva il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa in via Carini a Palermo con 30 colpi di kalashnikov, mentre poco dopo le 21 rientrava a casa bordo di una A112 bianca, assieme alla moglie Emanuela Setti Carraro. I killer colpirono anche l’agente di scorta Domenico Russo, che seguiva la coppia a bordo di una seconda auto. Il prefetto inviato in Sicilia per combattere la mafia dopo anni di lotta al terrorismo conclusi con gli arresti dei vertici delle Brigate Rosse, fu ucciso prima che gli venissero concessi i poteri che richiedeva a gran voce per lottare contro la “piovra” (poi dati al suo successore Emanuele De Francesco). Per il triplice omicidio del 3 settembre 198 sono stati condannati come mandanti i vertici dell’epoca di Cosa Nostra (Totò Riina e Bernardo Provenzano, Michele Greco e Pippo Calò, Nenè Geraci e Bernardo Brusca) e, solo nel 2002, gli autori materiali Nino Madonia, Vincenzo Galatolo, Raffaele Ganci e Giuseppe Lucchese, oltre ai collaboratori di giustizia Calogero Ganci e Francesco Paolo Anzelmo.

Durante la cerimonia di commemorazione in via Isidori Carini a Palermo, accanto alla lapide che ricorda il generale Dalla Chiesa sono state poste otto corone di fiori: quella del presidente della Repubblica, del ministro degli Interni, del comando generale dell’Arma, del capo della polizia, della città di Palermo, del presidente della Regione e del presidente dell’Ars. Alla commemorazione erano presenti i tre figli di Dalla Chiesa: Rita, Nando e Simona, oltre ai vertici delle forze dell’ordine, il prefetto di Palermo Antonella De Miro, il sindaco di Palermo Leoluca Orlando, il.vice presidente della Regione siciliana Gaetano Armao. Tra le corone di fiori, è comparso anche un messaggio firmato da Ultimo Crimor, il colonnello Sergio De Caprio, capitano della squadra dei carabinieri che arrestò il capo dei capi di Cosa nostra Totò Riina. “Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa vive nelle nostre azioni presenti, passate e future”, è scritto su un foglio bianco, con in calce “Ultimo-Crimor unità militare combattente”. Alla fine della cerimonia il messaggio è stato rimosso.

Rita Dalla Chiesa è intervenuta al termine della commemorazione parlando della necessità di portare la riflessione sula lotta alla mafia nella quotidianità: “Sicuramente in questi anni è stato fatto moltissimo ma secondo me va fatto tutto giorno per giorno. Vanno bene le navi della legalità, le commemorazioni, vanno benissimo questi ragazzi che arrivano da tutta Italia ma la cosa va vissuta nel quotidiano, ogni giorno ci dovrebbero essere delle cerimonie mentali, nelle famiglie e nelle scuole”. Rita, al contrario della sorella Simona che ha dichiarato di “tornare sempre volentieri a Palermo”, ha anche detto in un’intervista di voler vendere la casa in città perché sente “bisogno di un momento di distacco“. Le due sorelle e il fratello Nando concordano invece sull’importanza del “cambiamento di una mentalità” che richiede più tempo della chiusura di un’indagine e “affonda le sue radici nel passato ha bisogno di più tempo”. L’importante – ha ricordato Simona Dalla Chiesa – è non credere mai di aver raggiunto un punto nel quale ci si può adagiare”.

I MESSAGGI IN RICORDO DEL PREFETTO – “Rifiutava il mito dell’invincibilità della mafia così come, nelle sue precedenti esperienze, non aveva mai accettato che si potesse cedere o indietreggiare davanti alla violenza terroristica. La sua determinazione, sorretta da un profondo senso etico e istituzionale, si è tradotta in metodi di lavoro e modelli organizzativi originali, che hanno orientato il lavoro di successive generazioni di servitori dello Stato”. Così il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo “omaggio commosso” all'”innovatore attento e lungimirante” che fu il generale Dalla Chiesa. Del prefetto ricorda “il sacrificio“, insieme al “coraggio e alla generosa dedizione” di Emanuela Setti Carraro e Domenico Russo.

Luigi Di Maio ha ricordato il generale Dalla Chiesa, così come le altre due vittime, con una sua frase: “Finché una tessera di partito conterà più dello Stato, non riusciremo mai a battere la mafia”. Il presidente della Commissione parlamentare Antimafia Nicola Morra ha ricordato il prefetto in un post su Facebook, in cui loda il suo sacrificio che “se non si fosse consumato, forse avremmo ancora tanto, tanto da fare”. “Il sangue di alcuni martiri – ha scritto poi – ha permesso che l’azione dell’antimafia divenisse più consapevole e convinta, ed anche più efficace”. Alle sue parole per Dalla Chiesa, Morra aggiunge anche una critica ai “ministri dell’interno che sfuggono il confronto con la Commissione Antimafia, rifiutandosi di venire in audizione, e dedicandosi ad un’intensa attività di comunicazione social come se la mafia si combattesse con le dirette Fb ed i tweet”, specificando che la “riflessione” è un momento necessario della battaglia alla criminalità organizzata.


Anche il ministro uscente della Difesa Elisabetta Trenta ha messo l’accento, nel suo post su Facebook, sul valore del “coraggio e integrità morale di uomini come il Generale dalla Chiesa”, che “sopravvivono alla morte rappresentando un esempio e una costante fonte d’ispirazione per tutti i servitori dello Stato”. Al suo messaggi si accordano quelli di altri esponenti politici. Da quello della leader di FdI Giorgia Meloni a quello del presidente della Camera Roberto Fico, secondo il quale Dalla Chiesa “aveva capito prima e meglio di altri, la necessità di colpire la criminalità organizzata nel cuore delle sue ampie attività economiche finanziarie”. Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti definisce le tre vittime “eroi civili ed esempi di coraggio”, sui quali invita i ragazzi a riflettere “in occasione della Maturità di quest’anno”.

Il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci, non presente alla cerimonia di via Isidoro Carini, in una nota divulgata prima della cerimonia di commemorazione, ha lodato “l’impegno e la competenza” di Dalla Chiesa. Ha poi sottolineato come la celebrazione dell’anniversario della sua morte sia un’ “occasione per sottolineare l’esempio di fedeltà ai valori di difesa della legalità e dello Stato di diritto lasciatoci in eredità dal generale. Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone e presidente della Fondazione che prende il nome del magistrato, ricorda la strage di 37 anni fa in via Isidoro Carini e di quelle ai danni di tutti gli “altri uomini dello Stato hanno pagato con la vita il loro impegno contro la mafia, ma oggi possiamo dire che la nostra terra non è più quella di 37 anni fa. Cosa nostra non è sconfitta, ma grandi risultati sono stati raggiunti.”

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