Lo scandalo pedofilia continua a travolgere la Chiesa. Il cardinale Philippe Barbarin, arcivescovo di Lione, è stato condannato a 6 mesi con la condizionale per mancata denuncia di abusi sessuali su minori perpetrati negli anni ’70 e ’80 durante i campi scout da padre Bernard Preynat. La sentenza è stata pronunciata dal tribunale di Lione. Si tratta del terzo porporato che nel giro di pochi giorni riceve una condanna per pedofilia. In questo caso, però, il cardinale Barbarin è stato dichiarato colpevole di aver coperto gli abusi sessuali su minori. Negli altri due casi, invece, quello di Theodore Edgar McCarrick e George Pell sono stati gli stessi porporati a commettere gli abusi.

Padre Preynat è accusato di aver abusato di un gruppo scout tra il 1986 e il 1996. Un caso così sentito da aver spinto il regista francese François Ozon a farne un film, Grâce à Dieu presentato all’ultimo Festival di Berlino. Una vicenda simile a quanto era avvenuto con lo scandalo pedofilia nell’arcidiocesi di Boston che aveva ispirato il film Il caso Spotlight, vincitor dell’Oscar nel 2016.

Supportati dall’associazione di vittime La Parole libérée, nove uomini hanno prima accusato padre Preynat di averli abusati, fatti per i quali quest’ultimo non è stato processato, quindi hanno presentato denuncia contro chi avrebbe coperto gli abomini del sacerdote. In assenza di procedimenti giudiziari, nel 2017 hanno fatto richiesta di convocazione diretta davanti al tribunale, che ha garantito loro un processo, bypassando le indagini che si erano chiuse con un nulla di fatto. “Non ho mai cercato di nascondere nulla, tantomeno questi fatti orribili”, si è difeso Barbarin davanti al giudice spiegando di aver appreso degli abusi di padre Preynat solo nel 2014, quando una vittima si confidò con lui. Ma secondo l’avvocato di parte civile, Jean Boudot, il cardinale era a conoscenza dei fatti almeno dal 2010, quando parlò con il prete dei rumors che giravano attorno alla sua condotta. La mancata denuncia di aggressione sessuale sui minori di 15 anni è classificata dal codice penale francese tra i reati di ostruzione alla giustizia. A quanto pare, inoltre, c’è anche uno scambio di lettere, avvenuto nel 2015, tra il cardinale il Vaticano che gli consigliava di licenziare il prete “evitando lo scandalo pubblico”. Istruzioni seguite alla lettera da Barbarin per sua stessa ammissione.

Gli scandali dei cardinali McCarrick, ridotto allo stato laicale da Bergoglio, Pell, attualmente detenuto in una cella dell’Assessment Prison di Melbourne, e ora Barbarin minano fortemente la credibilità del summit sulla pedofilia del clero voluto recentemente da Francesco in Vaticano. La promessa del Papa era stata chiara: “Se nella Chiesa si rilevasse anche un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – tale caso sarà affrontato con la massima serietà”. Un’affermazione, però, che ora rischia di diventare un vero e proprio boomerang. Tra i punti indicati dal Papa per contrastare la piaga degli abusi nella Chiesa cattolica, ce ne sono due particolarmente importanti: “Deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico” e “informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche”. Ma finora, come si è visto nei casi di McCarrick, Pell e Barbarin, è stata la giustizia civile a fare luce sui casi di pedofilia. Emblematico è quello che sta avvenendo in Vaticano in merito alla vicenda del cardinale australiano, fino al momento della condanna prefetto della Segreteria per l’economia, seppure in congedo per potersi difendere nel processo. “Dopo la sentenza di condanna di primo grado nei confronti del cardinale Pell, – ha affermato il portavoce vaticano Alessandro Gisotti – la Congregazione per la dottrina della fede si occuperà ora del caso nei modi e con i tempi stabiliti dalla normativa canonica”. La conferma che la Chiesa cattolica continua a inseguire la giustizia civile e non ad anticiparla.

Twitter: @FrancescoGrana

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