Tolleranza zero. È l’obiettivo che Papa Francesco si pone da quando è stato eletto per contrastare la pedofilia. Ed è il motivo per cui ha convocato in Vaticano tutti i presidenti delle Conferenze episcopali del mondo. “Non semplici e scontate condanne, – ha chiesto Bergoglio – ma misure concrete ed efficaci da predisporre”. Non più omertà, complicità, coperture da parte delle gerarchie ecclesiastiche. Perché, ha spiegato il Papa, “anche se si trattasse di un solo caso di abuso – che rappresenta già di per sé una mostruosità – la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità”. Cosa che è avvenuta puntualmente per decenni fino all’arrivo di Benedetto XVI .

Linee guida – Numerosi i punti concreti già emersi durante il summit. Tra questi “deliberare che i sacerdoti e i vescovi colpevoli di abuso sessuale su minori abbandonino il ministero pubblico” ed “elevare l’età minima per il matrimonio a sedici anni”. Ma tra le proposte concrete emerse ci sono anche altri aspetti ugualmente importanti: “Informare le autorità civili e le autorità ecclesiastiche superiori nel rispetto delle norme civili e canoniche. Stabilire disposizioni che regolino e facilitino la partecipazione degli esperti laici nelle investigazioni e nei diversi gradi di giudizio dei processi canonici concernenti abuso sessuale e/o di potere. Effettuare per i candidati al sacerdozio e alla vita consacrata una valutazione psicologica da parte di esperti qualificati e accreditati. Indicare le norme che regolano il trasferimento di un seminarista o di un aspirante religioso da un seminario a un altro; come pure di un sacerdote o religioso da una diocesi o congregazione ad un’altra”.

Casi spinosi – Le cifre della pedofilia del clero, però, sono a dir poco spaventose. Negli Stati Uniti con una crisi di proporzioni enormi che non si arresta da quasi venti anni. In Cile costringendo il Papa ad azzerare tutto l’episcopato locale. In Irlanda dove già Benedetto XVI era intervenuto con grande forza per contrastare questa piaga. Ma ci sono poi i casi più spinosi come quello dell’ex cardinale di Washington Theodore Edgar McCarrick, ridotto allo stato laicale per pedofilia da Francesco. E quello ugualmente grave del cardinale George Pell, che il Papa ha messo in congedo dal suo ruolo di prefetto della Segreteria per l’economia proprio perché affrontasse il processo penale per abusi nel suo paese. Senza dimenticare che in una cella della Gendarmeria Vaticana è ancora detenuto monsignor Carlo Alberto Capella, ex diplomatico della Santa Sede condannato, nel giungo 2018, a 5 anni e 5mila euro di multa per pedopornografia.

Richieste delle vittime – Il summit sulla pedofilia si è aperto con le testimonianze di cinque vittime anche per dare un segnale concreto dell’inversione di marcia della Chiesa. Per decenni, infatti, coloro che sono stati abusati si sono sempre trovati la porta sbattuta in faccia dalle gerarchie ecclesiastiche che hanno preferito coprire i pedofili. “Dall’età di 15 anni – ha raccontato una delle vittime – ho avuto relazioni sessuali con un prete. Questo è durato 13 anni. Sono stata incinta tre volte e mi ha fatto abortire tre volte, molto semplicemente perché egli non voleva usare profilattici o metodi contraccettivi. All’inizio mi fidavo così tanto di lui che non sapevo potesse abusare di me. Avevo paura di lui e ogni volta che mi rifiutavo di avere rapporti sessuali con lui, mi picchiava. E siccome ero completamente dipendente da lui economicamente, ho subito tutte le umiliazioni che mi infliggeva. Avevamo questi rapporti sia a casa sua nel villaggio che nel centro di accoglienza diocesano. In questa relazione non avevo il diritto di avere dei ‘ragazzi’; ogni volta che ne avevo uno e lui veniva a saperlo, mi picchiava. Era la condizione perché mi aiutasse economicamente… Mi dava tutto quello che volevo, quando accettavo di avere rapporti sessuali; altrimenti mi picchiava”.

Ugualmente forte la testimonianza fatta da un cileno abusato. “Le vittime hanno bisogno che si creda loro, che le si rispettino, che ci si prenda cura di loro e si guariscano. Bisogna far guarire le vittime, esser loro vicini, bisogna credere loro e accompagnarle. Voi siete i medici dell’anima e tuttavia, salvo rare eccezioni, vi siete trasformati in assassini dell’anima, in assassini della fede”. Parole drammatiche che hanno scosso i cardinali e i vescovi presenti e lo stesso Francesco. Parole che segnano anche quanto ci sia ancora da fare per prendere consapevolezza della gravità degli abusi e per attuare finalmente delle serie linee guida per contrastarli. Le vittime, infatti, chiedono con insistenza di essere ascoltate e che i pedofili siano consegnati alla giustizia, non solo canonica, ma anche civile. Processi, condanne, risarcimenti e non solo infiniti proclami e mea culpa.

Resistenze e timori interni – Non tutti, soprattutto all’interno della Curia romana, sono d’accordo. A uscire nuovamente allo scoperto, anche questa volta, sono stati i cardinali Walter Brandmüller e Raymond Leo Burke che già espressero le loro dure critiche alle aperture di Francesco ai divorziati risposati. In una lettera aperta ai presidenti delle Conferenze episcopali i due porporati non usano mezze misure per attaccare il summit sugli abusi. “Il mondo cattolico – scrivono i due cardinali – è disorientato e si pone una domanda angosciante: dove sta andando la Chiesa? Di fronte alla deriva in atto, sembra che il problema si riduca a quello degli abusi dei minori, un orribile crimine, specialmente quando perpetrato da un sacerdote, che però è solo parte di una crisi ben più vasta. La piaga dell’agenda omosessuale è diffusa all’interno della Chiesa, promossa da reti organizzate e protetta da un clima di complicità e omertà. Le radici di questo fenomeno evidentemente stanno in quell’atmosfera di materialismo, di relativismo e di edonismo, in cui l’esistenza di una legge morale assoluta, cioè senza eccezioni, è messa apertamente in discussione”.

Per i due porporati, inoltre, “si accusa il clericalismo per gli abusi sessuali, ma la prima e principale responsabilità del clero non sta nell’abuso di potere, ma nell’essersi allontanato dalla verità del Vangelo. La negazione, anche pubblica, nelle parole e nei fatti, della legge divina e naturale sta alla radice del male che corrompe certi ambienti della Chiesa. Di fronte a questa situazione, cardinali e vescovi tacciono. Tacerete anche voi in occasione della riunione convocata in Vaticano il prossimo 21 febbraio? Siamo tra coloro che nel 2016 interpellarono il Santo Padre sui ‘dubia’ che dividevano la Chiesa dopo le conclusioni del Sinodo sulla famiglia. Oggi quei ‘dubia’ non solo non hanno avuto risposta, ma sono parte di una più generale crisi della fede. Perciò, vi incoraggiamo ad alzare la voce per salvaguardare e proclamare l’integrità della dottrina della Chiesa”.

Il dibattito – Nella relazione introduttiva al vertice il cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo di Manila, ha sottolineato che “la mancanza di risposte da parte nostra alla sofferenza delle vittime, fino al punto di respingerle e di coprire lo scandalo al fine di proteggere gli abusatori e l’istituzione ha lacerato la nostra gente, lasciando una profonda ferita nel nostro rapporto con coloro ai quali siamo inviati per servirli”. Gli ha fatto eco monsignor Charles Jude Scicluna, arcivescovo di Malta e segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede. Per conto della Santa Sede il prelato maltese ha condotto per anni le indagini sugli abusi sessuali perpetrati da chierici ed è a lui che Francesco ha affidato la grave crisi della Chiesa cilena.

Per Scicluna “la comunità di fede affidata alla nostra tutela deve sapere che facciamo sul serio. Devono conoscerci come paladini della loro sicurezza e di quella dei loro figli e dei loro giovani. Li coinvolgeremo con franchezza e umiltà. Li proteggeremo a ogni costo. Daremo la nostra vita per i greggi che ci sono stati affidati”. E poi un impegno concreto: “Propongo di non lasciare le vittime senza informazione. Mi adopererò per questo. La Congregazione per la dottrina della fede sta lavorando a un vademecum”. L’ultima relazione della prima giornata è stata tenuta dal cardinale Rubén Salazar Gómez, arcivescovo di Bogotà, che ha precisato che “il fatto che avvengano abusi in altre istituzioni e gruppi non giustifica mai la presenza di abusi nella Chiesa perché contraddice l’essenza stessa della comunità ecclesiale e costituisce un mostruoso travisamento del ministero sacerdotale che, per sua propria natura, deve cercare il bene delle anime come suo fine supremo. Non vi è alcuna giustificazione possibile per non denunciare, per non smascherare, per non affrontare con coraggio e fermezza qualsiasi abuso si presenti all’interno della nostra Chiesa”.

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