E pensare che il 2 febbraio 2016 il consigliere regionale della Calabria Nazareno Salerno (Forza Italia) aveva presentato un’interrogazione alla giunta per chiedere che fine avevano fatto i fondi comunitari destinati alle famiglie povere. Spiegherà anche questo ai pm della Dda di Catanzaro che stamattina, a distanza di un anno esatto, lo hanno arrestato con l’accusa di minaccia ed estorsione aggravata dal metodo mafioso, corruzione, peculato, turbativa d’asta e abuso d’ufficio. Secondo gli inquirenti dell’inchiesta “Robin Hood”, era proprio lui il “deus ex machina” del comitato d’affari che ha rubato proprio i soldi destinati  al progetto regionale “Credito sociale” indirizzandoli su conti correnti di società private e in Svizzera.

Oltre a Salerno, sono finiti in carcere l’ex presidente di “Calabria Etica” Pasqualino Ruberto (candidato a sindaco di Lamezia Terme alle ultime comunali), il dirigente regionale Vincenzo Caserta, il responsabile della sede di Belmonte Calabro della finanziaria “Cooperfin” Ortensio Marano, i suoi due presunti complici Bruno Della Motta e Giuseppe Castelli Avolio, l’imprenditore Gianfranco Ferrante, e due soggetti accusati di essere contigui alla cosca Mancuso, Claudio Isola e Vincenzo Spasari.

Il procuratore Nicola Gratteri, l’aggiunto Giovanni Bombardieri e i pm Graziella Viscomi e Camillo Falvo accusano Nazareno Salerno di aver esercitato una pressione continua nei confronti dei dirigenti del proprio assessorato affinché i fondi comunitari per le famiglie povere venissero gestiti non da “Fincalabra” ma dalla società in house “Calabria Etica” guidata dall’amico Pasqualino Ruberto.

Non avendo, però, i requisiti per farlo, “Calabria Etica” ha esternalizzato il servizio affidandolo alla finanziaria Cooperfin  “procurando un ingiusto vantaggio” alla società (di cui era amministratore delegato Ortensio Marano) e “un danno diretto ed immediato alla Regione Calabria in termini di conseguimento dei target dinnanzi alla Unione europea”. Un progetto che, secondo gli inquirenti, ha fruttato a Salerno una mazzetta di 230mila euro sotto forma di un prestito concesso “dalla Cooperfin” al politico, il quale ha pagato solo le prime rate che gli sono state tra l’altro restituite dall’amministrazione Marano.

I carabinieri del Ros e la Guardia di finanza hanno documentato un giro di soldi di quasi 2 milioni di euro di cui 800 mila trasferiti in Svizzera per quello che il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri definisce “un fantomatico progetto giubilare”.

Quando però un dirigente regionale (Bruno Calvetta) si è messo di traverso, l’ex assessore regionale Salerno non ha esitato ad affrontarlo, all’interno di un vivaio. “Per assicurarsi la riuscita del piano criminale”, si legge nelle carte, Salerno avrebbe minacciato Calvetta costringendolo “a rinunciare definitivamente all’idea di affidare la gestione del servizio a Fincalabra e ad affidare la gestione ‘economica’ del progetto al suo uomo di fiducia Vincenzo Caserta, dirigente regionale del tutto prono alle richieste dell’ex assessore, sua longa manus”. In quell’incontro, filmato e registrato dagli investigatori, l’ex assessore regionale è stato spalleggiato da due soggetti come Gianfranco Ferrante e Vincenzo Spasari, indicati come legati alla cosca Mancuso. Vincenzo Spasari è il padre di Aurora, la sposa per il cui matrimonio a settembre è stato fatto atterrare un elicottero nel centro storico di Nicotera, episodio sul quale è ancora aperta un’inchiesta.

Pesantissime le considerazioni del gip Giuseppe Perri che ha accolto la richiesta di arresto della Dda e che descrive il consigliere regionale di Forza Italia come un soggetto “endemicamente inserito in ambienti legati alla criminalità organizzata”, che ha “un atteggiamento sfrontato e proclive nel non rispettare le più elementari regole del vivere civile”.

“Risulta evidente – è scritto infatti nell’ordinanza di custodia cautelare – che il Salerno si è posto al vertice di un sistema criminale in cui la funzione pubblica è del tutto asservita agli interessi personali, anche attraverso il rafforzamento di presidi di potere che si alimentano (grazie alla costante e incondizionata collaborazione illecita di suoi complici come il Caserta ed il Riberto) di una schiacciante gerarchia e di una metodologia gestionale clientelare”.

Anche se non è stato arrestato per voto di scambio, Nazareno Salerno è indagato per i suoi rapporti con la ‘ndrangheta. Nel fascicolo dell’inchiesta “Robin Hood” sono finiti i verbali del pentito Andrea Mantella che ai magistrati della Dda ha raccontato come il politico regionale “tramite il boss Damiano Vallelunga chiese appoggio su Vibo Valentia, a noi intesi come clan Lobianco di votarlo. Noi abbiamo passato la parola ai vari clan”. “Chiese appoggio elettorale, – racconta ancora il collaboratore di giustizia –  in cambio ci diede dei soldi e dei posti di lavoro sia all’interno dell’ospedale di Vibo Valentia e sia ai depuratori”.

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati stamattina dal procuratore Gratteri secondo cui “è incredibile pensare che fondi comunitari arrivati qui per dare sostegno a chi è in difficoltà, con artifici e raggiri, siano finiti in modo scientifico in mano a soggetti spregiudicati  e insensibili ai bisogni della gente”. In sintesi, ha concluso il magistrato, “hanno rubato”.

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