Napoli – Epidemia colposa e abuso d’ufficio. Per non aver adottato in uno dei periodi più gravi delle continue emergenze rifiuti in Campania, quello compreso tra il 1 novembre 2007 e il 15 gennaio 2008, le misure necessarie per sterilizzare la spazzatura, disinfestare e derattizzare i quartieri più sporchi, individuare siti di stoccaggio provvisori per rimuovere i sacchetti neri dalle strade.

Queste le accuse per cui la Procura di Napoli ha chiesto il rinvio a giudizio del sindaco Rosa Russo Iervolino, dell’ex Governatore Antonio Bassolino e del prefetto Alessandro Pansa, all’epoca commissario per l’emergenza rifiuti, e di altre 17 persone tra sindaci del napoletano, commissari prefettizi e funzionari pubblici che ebbero un ruolo nell’affrontare la questione immondizia.

Periodo drammatico, quello preso in considerazione dall’inchiesta del pm Francesco Curcio. Tra discariche stracolme e montagne di monnezza abbandonate per strada, il commissariato di governo si scervellava alla ricerca di luoghi e impianti dove ficcare e far scomparire i rifiuti napoletani. Drammatica la caduta di immagine dell’agonizzante governo Prodi, con il centrosinistra che di lì a poco perse le elezioni contro Silvio Berlusconi che promise (e non mantenne) di ripulire per sempre Napoli.

Impresa titanica. Anche in questi giorni giacciono quasi 2000 tonnellate di spazzatura per le strade di Napoli. Motivo: il blocco della discarica di Chiaiano, coinvolta in un’altra inchiesta giudiziaria.

Il pm Curcio contesta alla Iervolino e agli altri pubblici amministratori di non aver tentato di ridurre gli effetti sulla salute pubblica dell’emergenza rifiuti. Ad esempio delimitando e isolando i cumuli di spazzatura che aveva raggiunto i balconi dei primi piani delle case. Alcuni sindaci della provincia napoletana sono finiti alla sbarra per non aver individuato i siti di stoccaggio provvisori. Si avanza l’accusa di epidemia colposa tramite una perizia firmata da due epidemiologi e un medico legale. I consulenti della Procura hanno incrociato i dati del boom di infezioni gastrointestinali e allergie cutanee nel periodo dell’emergenza, e quelli della vendita dei farmaci relativi a queste malattie. E in base ai dati raccolti hanno messo nero su bianco i comuni l’aumento di patologie poteva essere spiegato solo con la presenza per settimane dell’immondizia in strada.

Per altri 16 indagati, la cui posizione è stata stralciata, si avvicina l’archiviazione. Si tratta dei primi cittadini e dei funzionari pubblici che hanno dimostrato di avere preso provvedimenti – come lo spargimento di calce o la creazione di appositi siti – per evitare che i rifiuti abbandonati in strada causassero malattie ai cittadini.

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