Seguire i soldi per trovare la mafia, diceva Giovanni Falcone. In questo caso i soldi per l’allestimento di Expo2015 escono da un’azienda controllata dalla Regione Lombardia, attraverso Fiera Milano, e arrivano, almeno in parte, a un gruppo mafioso siciliano. E i fili tirati dagli investigatori portano a un altro clan, molto vicino al superlatitante Matteo Messina Denaro. E’ quello che raccontano le carte dell’inchiesta coordinata da Ilda Boccassini che ha portato all’arresto di 11 persone, quattro delle quali con accuse aggravate dall’aver favorito l’organizzazione mafiosa. Il gruppo mafioso è quello di Pietraperzia, in provincia di Enna, che “riesce a drenare risorse da attività economiche che si svolgono a Milano e comuni limitrofi”, scrive il gip Maria Cristina Mannocci. “Evidentemente in modo parassitario”, precisano i pm Paolo Storari e Sara Ombra. Ma i protagonisti di questa storia siculo-milanese si preoccupano anche di far avere “regalie” a Nicola Accardo, dell’omonimo clan egemone a Partanna, in provincia di Trapani. Che gli investigatori definiscono “fortemente legato alla famiglia Messina Denaro”.

Il clan di Pietraperzia riesce a drenare risorse da attività economiche che si svolgono a Milano e comuni limitrofi

Risaliamo al nord, in pieno centro di Milano – corso Buenos Aires 77 – dove ha sede Dominus, la società consortile a responsabilità limitata specializzata in allestimenti fieristici e facchinaggio, amministrata da Calogero Nastasi, arrestato oggi insieme al figlio Giuseppe (il primo ai domiciliari, il secondo in carcere). Giuseppe Nastasi è socio di Liborio Pace, anche lui finito in manette, “già imputato per appartenenza alla famiglia mafiosa di Pietraperzia”, annota il gip, anche se poi sarà prosciolto. La Dominus, composta a sua volta da 16 società, dal 2013 al 2015 riceve pagamenti per oltre 18 milioni di euro da una società, la Nolostand, controllata al 100% da Fiera Milano spa, che gestisce i due principali poli espositivi milanesi: Fieramilano, nell’area di Rho, e Fieramilanocity, la vecchia Campionaria. Ed è a sua volta controllata da Fondazione Fiera di Milano, ente di diritto privato i cui vertici sono nominati da Regione Lombardia. Insomma, Nolostand è una società privata che in ultima analisi fa capo a un ente pubblico. Circostanza che Ilda Boccassini, coordinatrice della Direzione distrettuale antimafia, nella conferenza stampa a palazzo di Giustizia, non ha mancato di notare: Nolostand “non fa gare pubbliche e se vogliamo qua c’è un ente pubblico che non fa gare pubbliche, ma questo è un altro tema in capo alla politica”.

Boccassini: qui c’è un ente pubblico che non fa gare pubbliche, ma questo è un tema in capo alla politica

Dominus partecipa a lavori importanti per diverse opere di Expo. I padiglioni di Francia, Qatar, Guinea, Equatoriale, Costa D’Avorio, Camerun. Poi lo stand della birra Poretti, l’Auditorium, la passerella, l’Agorà di piazza Castello. Lavori sui quali, ha voluto precisare Raffaele Cantone dopo gli arresti, l’Autorità anticorruzione non aveva voce in capitolo perché si trattava di “subappalti che non dovevano essere oggetto di controllo da parte di Anac o lavori in padiglioni esteri sottratti alla legislazione nazionale”. Dall’indagine non emergono rilievi penali né per Fiera di Milano né per Expo2015, hanno precisato gli investigatori. Ma Nolostand ne esce male. La società dell'”ente pubblico che non fa gare pubbliche” è stata messa in amministrazione giudiziaria su richiesta della Procura. “Dietro le commesse ottenute dal Consorzio Dominus presso Nolostand vi era l’incessante lavorio di Nastasi Giuseppe e Pace Liborio”, si legge nella misura di prevenzione del Tribunale di Milano, “i quali – nonostante non rivestissero alcuna posizione di rappresentanza del Consorzio – intrattenevano costanti rapporti con i dirigenti e gli organi di vertice della società Nolostand, al fine di ottenere l’aggiudicazione o di assicurarsi il rinnovo dei contratti di appalto dei servizi di trasporto e facchinaggio nei siti fieristici”.

 

Due degli arrestati  intrattenevano costanti rapporti con i dirigenti e gli organi di vertice della Nolostand

Gli “interlocutori privilegiati” dei due personaggi arrestati oggi erano, si legge nelle carte, Enrico Mantica, amministratore delegato della società controllata da Fiera Milano e il suo successore Marco Serioli. Mantica, tra l’altro dice a Pace in una telefonata intercettata: “Il problema è che anche Expo dovevano tenerla, poi è arrivato Cantone (…) e lui li ha messi tutti in fila!”. Dopo la sostituzione di Serioli, scrivono i giudici, “Nastasi ha intrattenuto rapporti anche con il nuovo amministratore delegato”, Corrado Peraboni. I vertici di Nolostand, insomma, si confrontavano con persone che non avevano alcun ruolo ufficiale in Dominus, anche “in violazione del codice etico di Fieramilano”. I dirigenti, inoltre, avevano ricevuto una lettera anonima che indicava Nastasi come “soggetto mafioso”. Questi contatti sono stati ritenuti sufficienti al Tribunale di Milano per imporre sei mesi di amministrazione giudiziaria a Nolostand.

I soldi incassati dalla Dominus finivano in giro di società cartiere con l’obiettivo di evadere il fisco e creare fondi neri, sostiene l’accusa. Poi, in parte, prendevano la via della Sicilia, a bordo di auto e camion. Il 15 giugno 2015, per esempio, la Guardia di Finanza ha fermato un camion guidato da Liborio Pace, all’altezza di Napoli, e sequestrato 413mila euro in contanti. Ma è solo uno dei viaggi. Secondo gli investigatori, almeno 60mila euro sono stati “elargiti” a un esponente del clan di Pietraperzia. E’ “chiaro”, scrive il gip Mannocci, che il meccanismo che finiva per arricchire Cosa nostra “è stato reso possibile da amministratori di aziende di non piccole dimensioni, consulenti, notai e commercialisti che in sostanza ‘non hanno voluto vedere’ quello che accadeva intorno a loro”. Per “gravi superficialità”, certo, ma “certamente anche grazie a convenienze” da parte di “soggetti appartenenti al mondo dell’imprenditoria e delle libere professioni”.

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