“Vogliamo gente giovane, nuovi amministratori, puliti e con a cuore la Sicilia”. Gianfranco Micciché, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, annunciava così i componenti del nuovo movimento berlusconiano fondato in Sicilia: Forza del Sud. Al momento, nelle fila del neonato partito che sarà battezzato il 30 ottobre al Politeama di Palermo, figurano cinque deputati regionali nella giunta guidata da Raffaele Lombardo: Titti Bufardeci, Cateno De Luca, Toni Scilla, Michele Cimino e Franco Mineo. Questi ultimi due sono coinvolti in guai giudiziari. Cimino, ex vicepresidente della Regione e assessore all’economia siciliana, è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa. Mineo, delfino di Miccichè eletto con il Popolo delle Libertà, è indagato per trasferimento fraudolento di valori, con l’aggravante di aver favorito Cosa nostra.

De Luca, invece, è balzato agli onori della cronaca nel 2007 per aver protestato contro l’allora nemico Miccichè: estromesso dalla commissione bilancio, De Luca si presentò in sala stampa nudo, avvolto nella bandiera della Regione e con in testa la coppola per denunciare il presidente “di Cosa nostra”. In questi tre anni si sono riavvicinati, tanto che da riritrovarsi insieme nel movimento berlusconiano sorto per contrastare l’azione di Raffaele Lombardo. Che però non sembra preoccuparsene troppo. Il governo tecnico del presidente Mpa lavora a denti stretti ai bilanci disastrati. Le prossime entrate arriveranno dall’erario non prima di dicembre e la situazione non è rosea. Tanto che Miccichè confida in un imminente stop dei lavori per partire all’attacco dell’ex “socio” politico. Forte del sostegno di Cimino e Mineo che, il primo ad Agrigento e l’altro nel palermitano, garantiscono la maggioranza delle preferenze al partito di cui fanno parte. Il Pdl prima, Forza del Sud adesso.

Questa la speranza di Miccichè. Che non ha però fatto i conti con le vicende giudiziarie dei suoi due esponenti di punta. Quando Cimino venne indagato per concorso esterno in associazione mafiosa, Mineo lo difese. “Michele Cimino ha sempre adempiuto correttamente, con moralità e rispetto della legge, i suoi doveri di amministratore, come quelli di cittadino. È un dato di fatto. Nel rispetto della magistratura ritengo che la verità verrà ristabilita”, disse l’allora deputato del Pdl-Sicilia. Oggi che è Mineo a esser finito sotto inchiesta con l’accusa di aver fatto da prestanome a Cosa nostra, sarà Cimino a spendere parole in difesa del collega di giunta. Anche il capo, Miccichè, si spenderà a favore del suo delfino. Del resto sia Cimino sia Mineo devono presentare, con lui, Forza del Sud il 30 ottobre.

Rapporti con Cosa nostra, ombre e sospetti sul nuovo partito di Berlusconi in Sicilia

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