C’è un dialogo in carcere che il Dipartimento amministrazione penitenziaria valuta con attenzione. A parlare è Alfredo Cospito, l’anarchico che per protestare contro il carcere duro è in sciopero della fame ormai da più di cento giorni. È il periodo di Natale e sulla sua vicenda cominciano a moltiplicarsi le iniziative di solidarietà. Ma pure gli atti dimostrativi di altri anarchici, in qualche caso violenti: scritte sui muri, presidi e persino l’attentato contro l’auto della diplomatica italiana in Grecia, Susanna Schlein. Recluso nel penitenziario di Sassari, sottoposto al 41-bis dal maggio scorso, Cospito sa che la sua vicenda sta suscitando un interesse sempre crescente. Ed è soprattutto di questo, di un seguito fuori dal carcere, che ha bisogno un anarchico detenuto per portare avanti le sue battaglie. Ecco perché Cospito, nel dialogo attenzionato dall’amministrazione penitenziaria, definisce il 41bis che gli è stato imposto”una mano santa“: da quando è diventato l’unico anarchico recluso nel regime carcerario inventato per i mafiosi, infatti, la sua storia ha cominciato a interessare un numero sempre maggiore di persone. Non solo gli anarchici militanti, ma pure l’opinione pubblica. “Ora quello che ho scritto vanno a leggerselo in tanti, non è come prima“, è il senso di quello che dice Cospito, secondo quanto risulta a ilfattoquotidiano.it.

Così il carcere impermeabile diventa un boomerang – Un’opinione che per gli analisti del Dap rappresenta la chiave per comprendere tutti i pericoli che può provocare il caso dell’anarchico al 41bis. Il cosiddetto carcere impermeabile, inventato per azzerare completamente le comunicazioni dei detenuti più pericolosi col mondo esterno, nella vicenda Cospito non solo è diventato permeabile: rischia di trasformarsi in un boomerang. Cospito, infatti, è assolutamente lucido e consapevole. D’altra parte, come ha raccontato Lirio Abbate su Repubblica, ai medici che lo hanno visitato prima del trasferimento nel carcere di Opera a Milano, il detenuto ha spiegato di essersi preparato per affrontare lo sciopero della fame: è ingrassato, in modo che la sua protesta potesse durare “il più a lungo possibile“. Per gestire oltre tre mesi di digiuno, inoltre l’anarchico ha detto di aver assunto integratori e zuccheri. Ecco perché ha rifiutato la terapia proposta dai medici, spiegando di non aver “bisogno dei farmaci“, imposti per le sue condizioni di salute. E poi ha sottolineato più volte che il suo obiettivo non è “uscire dal regime del 41 bis“, visto che “questi politici non conoscono la realtà del carcere” e quindi “non sanno che una cella singola è da privilegiati”. Al contrario Cospito vuole che l’intero regime del carcere duro “completamente abolito“, perché a suo dire “soprattutto impedisce una manifestazione del pensiero”.

Il passeggio coi mafiosi – Una posizione legittima quella dell’anarchico. Ma che coincide con quella dei boss di Cosa nostra, della ‘ndrangheta e della camorra. Esponenti di associazioni criminali che Cospito ha avuto modo di conoscere in carcere. Essendo detenuto al 41-bis, infatti, ogni giorno può trascorrere le sue due ore d’aria e una di socialità solo in compagnia di altri reclusi al carcere duro. Che sono, ovviamente, in larghissima maggioranza esponenti della criminalità organizzata. Fino a quando era nel carcere di Sassari, nel gruppo di socialità di cui faceva parte Cospito c’erano anche Francesco Di Maio del clan dei Casalesi, considerato “elemento di primo piano” del gruppo di Francesco Bidognetti, alias “Cicciotto ‘e mezzanotte“, Francesco Presta, considerato un killer “di rara freddezza e capacità” della ‘Ndrangheta, Giuseppe Cammarata, del clan mafioso di Riesi. Ma pure Pietro Rampulla, ex estremista nero, l’uomo che doveva essere l’artificiere della strage di Capaci.

I boss incitano l’anarchico: “Vai avanti” – I primi due, Di Maio e Presta, sono i mafiosi che interloquiscono con Cospito durante la “passeggiata“. Si tratta dei dialoghi riportati in Parlamento da Giovanni Donzelli, il deputato di Fdi che ha provocato il caos alla Camera a causa di un intervento contro il Pd, in cui citava il contenuto della relazione del Dap al ministero della Giustizia. Al netto della polemica politica, va sottolineato il tenore dei dialoghi tra il camorrista, il killer della ‘ndrangheta e Cospito. Presta, a proposito della protesta dell’anarchico contro il 41-bis, diceva: “Devi mantenere l’andamento, vai avanti”. E Cospito rispondeva: “Fuori non si stanno muovendo solo gli anarchici, ma anche altre associazioni. Adesso vediamo che succede a Roma“. Quindi il boss controreplicava: “Sarebbe importante che la questione arrivasse a livello europeo e magari ci levassero l’ergastolo ostativo“. Dello stesso tenore l’opinione di Di Maio: “Pezzetto dopo pezzetto si arriverà al risultato, cioè l’abolizione del 41-bis”.

L’artificiere di Capaci – Durante tutto questo scambio, Rampulla sarebbe rimasto in silenzio. Un silenzio eloquente, visto che stiamo parlando di uno dei custodi dei segreti delle stragi. Proveniente dalla provincia di Messina, in gioventù era un estremista di destra, indicato come vicino a Ordine nuovo: è in quel periodo che diventa un esperto di esplosivi. Esperienza che gli tornerà utile negli anni a venire, quando entra in Cosa nostra, agli ordini di Nitto Santapaola. “Tra i soggetti in contatto con i servizi segreti si parlava anche di Pietro Rampulla“, ha detto di lui il pentito Nino Giuffè, detto “Manuzza”, un tempo fedelissimo di Bernardo Provenzano. Rampulla doveva essere l’uomo incaricato di far saltare in aria Giovanni Falcone. “A Capaci l’artificiere doveva essere Rampulla; doveva essere lui ad azionare il telecomando finale, ma aveva un impegno e non è potuto venire. Ha chiesto se poteva essere libero, e io gli ho detto: Vai che so io quello che devo fare”, ha raccontato il pentito Giovanni Brusca. Può un mafioso annullare la sua presenza alla strage più delicata della storia di Cosa Nostra chiedendo semplicemente un giorno libero? È solo uno dei misteri delle bombe del 1992.

Bagarella, il leader della protesta contro il 41-bis – Segreti di cui è custode un altro ospite del carcere di Sassari, Leoluca Bagarella. Va sottolineato che il cognato di Totò Riina non ha mai avuto contatti con Cospito. È un fatto, però, che Bagarella sia stato in passato uno dei leader della battaglia mafiosa contro il carcere duro. Nel 2002, in collegamento con un processo in corso a Trapani, Bagarella aveva preso la parola per leggere quello che era una sorta di proclama a nome dei capimafia al 41bis. “Stanchi di essere strumentalizzati, umiliati, vessati e usati come merce di scambio dalle varie forze politiche abbiamo iniziato una protesta civile e pacifica. Tutto ciò cesserà nel momento in cui le autorità preposte in modo attento e serio dedicheranno una più approfondita attenzione alle problematiche che questo regime carcerario impone”, aveva detto il boss dei corleonesi. Annunciando l’inizio di uno sciopero della fame. Esattamente lo stesso tipo di protesta portata avanti da Cospito oggi. All’epoca, però, il digiuno dei boss delle stragi non aveva fatto breccia: non c’era stato “l’annullamento del decreto 41-bis”, cioè una delle prime richieste inserite tra i punti del papello di Totò Riina per far cessare le stragi.

Il rischio: Cospito “ambasciatore” dei clan – Diverso, molto diverso, il caso di Cospito. Intanto perché l’anarchico si è macchiato di reati che, seppur gravi, non sono paragonabili alla strage di Capaci, a quella di via d’Amelio, alle bombe di Firenze e Milano, che hanno ucciso civili e persino bambini. Normale, dunque, che la protesta di Cospito possa provocare una reazione diversa nell’opinione pubblica. E poi a differenza dei boss Cospito non ha una strategia criminale codificata, ma si muove in ordine sparso. Ecco perché importanti esponenti delle cosche sono interessatissimi alla sua battaglia: l’obiettivo dei boss è trasformare Cospito in una sorta di “ambasciatore” delle istanze mafiose. In questo senso l’errore sembra essere stato proprio quello di aver sottoposto l’anarchico al 41-bis. Una “mano santa” pure per i boss.

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Il magistrato Ardita: “Cospito rischia di essere il cavallo di troia per far passare l’abbattimento del 41-bis. Esistevano altri strumenti per non farlo comunicare con l’esterno”

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