di Antonella Galetta

Come educatrice volontaria di Legambiente è circa 4 anni che porto nelle scuole il mio progetto di “plastic free”. La finalità è quella di creare una coscienza critica nei confronti degli oggetti che andiamo ad acquistare. È una lezione di circa un’ora e mezza per i ragazzi delle elementari e delle scuole medie. Quello della plastica è un tema che a me sta molto a cuore. È decenni ormai che in prima persona, o con il mio gruppo di Legambiente, raccolgo plastica abbandonata nei mari, vicino ai fiumi o nei boschi. Le lezioni di aggiornamento di Legambiente per noi educatori, che effettuiamo ogni anno (anche con la partecipazione di insegnanti delle scuole), ci portano alla consapevolezza dei problemi eco/ambientali.

Come sapete, la plastica è il problema. Se abbandonata in ambiente, come dico agli studenti, rimane circa 400 anni! La regola numero uno è quindi quella di non gettare in terra nessun tipo di oggetto, ma soprattutto la plastica. Questa può essere un pericolo se ingerita da animali. Con il vento, questi oggetti finiscono nei fiumi e poi nei mari e ce li ritroviamo in abbondanza, perché con le correnti si stanno accumulando nei nostri oceani. Si parla infatti di isole di plastica, che sono accumuli di questo maledetto materiale, trasportato in uno stesso punto dalle correnti marine. La grandezza di queste isole è pari a quella della Francia. Capite quindi la difficoltà che si ha per raccoglierla.

La mia lezione inizia con la storia della plastica. Spiego agli studenti che prima di questa invenzione di metà Ottocento, tutto era biodegradabile. Sì, esistevano le discariche già nel periodo dei romani: ad esempio il Testaccio a Roma è una collinetta artificiale creata da cocci, ma il deterioramento di questo materiale non è nocivo. È un prodotto naturale formato da terra e non rilascia sostanze chimiche. Intorno al 1869 un americano, John Hyatt, con il sostegno economico di un ex generale crea la celluloide, la prima plastica plasmabile per uso commerciale. Questa prima plastica è nata per sostituire l’avorio nella costruzione delle palline da biliardo (venivano ammazzati migliaia di elefanti già allora).

Da qui di strada la plastica ne ha fatta molta. Già usata nella seconda guerra mondiale per la costruzione dei paracaduti, calze di nylon ecc., rispunta più prepotentemente che mai dopo la guerra. Sempre più oggetti (bottiglie, bicchieri, contenitori vari, utensili da cucina) vengono fabbricati in plastica per la sua resistenza e leggerezza. Il problema che abbiamo ora è che ne usiamo veramente troppa. E’ stato un crescendo. Spiego ai ragazzi che quando io ero piccola, circa 40 anni fa, si andava ancora ad acquistare il latte con la stessa bottiglia di vetro alla latteria. Oggi, con la grande distribuzione, tutto è iper-imballato.

Ogni anno quindi mediamente ognuno di noi produce circa 73 kg di plastica. Rispetto al 1950, la produzione è aumentata di ben 200 volte. Ora, secondo voi qual è la soluzione al problema? Io come educatrice volontaria mi fermo qui. Dopo la notizia di oggi stiamo diventando di “plastica” e la trasmetteremo ai nostri figli, con conseguenze che ancora non conosciamo esattamente. Chiedo a tutti quanti voi: non sarebbe meglio usare questo materiale solo per le cose veramente necessarie? Negli ospedali, per fabbricare mezzi di trasporto, ecc. Per gli usi domestici dobbiamo ripensare prodotti non più usa e getta! Mi auguro che la notizia di oggi apra la mente e le coscienze dei nostri politici. La prima cosa da fare è tassare la plastica. Solo così incominceremo ad usarne di meno.

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