Dalle botteghe dello sfuso agli esperimenti (pochi) nella grande distribuzione, dai servizi che consentono di restituire i contenitori usati in punti di raccolta o locali che aderiscono a un network, alle aziende che forniscono stoviglie per eventi. E poi ci sono le cassette a sponde abbattibili (anche queste riutilizzabili) per l’ortofrutta e le iniziative di alcuni mercati del pesce che hanno detto addio alle cassette in polistirolo. L’obiettivo è sempre lo stesso: ridurre il monouso. Nell’ambito della campagna ‘Carrelli di plastica’, condotta insieme a Greenpeace, ilfattoquotidiano.it racconta alcune di queste realtà presenti in Italia. Rispetto a quelle consolidate in altri Paesi europei sono poche, ma in continua evoluzione. E in perenne attesa di un sostegno statale che finora è mancato.

Il manifesto contro il monouso – Anci Emilia-Romagna è promotrice del ‘Manifesto #moNOuso’ per stimolare strategie di riduzione dell’usa e getta. “Mettiamo a disposizione delle amministrazioni un modello di delibera per portare il manifesto in approvazione in Consiglio comunale” spiega a ilfattoquotidiano.it l’ingegnere Paolo Azzurro, responsabile Economia circolare per l’Anci Emilia-Romagna e consulente tecnico in materia di gestione dei rifiuti. In regione l’hanno sottoscritto 11 Comuni, tra cui Bologna, Cesena e Rimini. Azzurro ne ha elaborato una versione per Brescia: a gennaio dovrebbe essere approvata in consiglio comunale. Hanno mostrato interesse anche i Comuni di Genova e Milano. “In Italia ci sono due grandi mondi che operano con lo scopo di ridurre il monouso” spiega Azzurro. “Quello dello sfuso e del refill con le sue declinazioni, dalle botteghe alle vendite a domicilio – aggiunge – e quello dei nuovi modelli basati sull’uso di contenitori riutilizzabili e restituibili in alternativa al monouso, inseriti all’interno di circuiti del riutilizzo”. La stessa proposta di regolamento sugli imballaggi della Commissione Ue “non fissa solo target di riuso, ma impone che gli imballaggi siano inseriti in effettivi circuiti di riutilizzo”.

Lo sfuso in Italia – Nel 2019 Ottavia Belli, Ceo di Sfusitalia, ha iniziato a mappare i negozi sfusi e zero waste creando un sito internet, da cui è nata la piattaforma di Sfusitalia diventata nel 2021 una srl. Ad oggi sono stati mappati circa 800 negozi, compresi i punti vendita del franchising Negozio Leggero nato nel 2009 a Torino e che oggi conta 20 esercizi in 14 città e i supermercati di NaturaSì che dedicano uno spazio ad hoc per lo sfuso (oggi sono 230 su 318 punti vendita). Questi negozi, diffusi soprattutto al Nord, vendono prodotti alimentari, come pasta e legumi ma anche per l’igiene di casa e persona. “Per il 60% si tratta di botteghe dello sfuso – racconta Ottavia Belli a ilfattoquotidiano.it – ma ci sono anche altri esercizi con spazio dedicato, come lavanderie, negozi di elettrodomestici, tabaccherie, vivai”. Molti aprono nei capoluoghi, come Torino, Milano, Roma, “ma punte di diamante sono nate anche in contesti più piccoli”. In questi negozi si acquistano anche i prodotti zero waste. “Sono alternative al monouso – spiega Ottavia Belli – come il rasoio con lamette intercambiabili che utilizzavano i nostri nonni, i dischetti struccanti, la coppetta mestruale o gli assorbenti lavabili, tutti realizzati con un solo materiale”. Questo mondo sta crescendo vertiginosamente. Si fa un piccolo investimento iniziale, ma poi non si spende più nulla. “Oggi, poi, è possibile acquistare il detersivo in fogli, che si divide in due e si mette in lavatrice, con diversi vantaggi ambientali. Invece di una tanica di 5 litri – sottolinea – si trasporta un contenitore da 50 grammi”.

Cosa manca – Il Decreto Clima del 2019 prevedeva un contributo a fondo perduto di 5mila euro per aiutare chi voleva aprire nuovi negozi o attrezzare spazi per lo sfuso anche nei supermercati: 40 milioni di euro per il 2020 e il 2021. “Il decreto attuativo è stato firmato a settembre 2021. Le risorse sono arrivate tardi, pochissime sono quelle finora effettivamente ricevute. E sono state comunque mal distribuite: non ne hanno beneficiato i pionieri che hanno aperto prima del 2020” spiega il Ceo di Sfusitalia. Poi sono arrivati Covid e crisi economica. L’interesse cresce, ma nel frattempo hanno chiuso diversi negozi, come gli storici Solo Peso netto a Firenze e BioMens a Roma. “Si fa fatica ad avere visibilità sul mercato, le persone non sono informate” spiega Ottavia Belli. Cosa si aspetta il settore? “Un sostegno economico con degli sgravi fiscali – commenta – in Italia questi negozi sono riconosciuti come mini market, pagano la Tari come un negozio qualsiasi, pur conducendo da soli una rivoluzione culturale”. Altrove va diversamente: in Francia i supermercati di oltre 400 metri quadrati devono inserire una quota del 25% di prodotti sfusi, mentre in Spagna dal 2023 saranno vietati imballaggi di plastica per la vendita di frutta e verdura confezionate in lotti di peso inferiore a un chilo e mezzo.

Sfuso e riuso nei supermercati (e a domicilio) – In Italia, invece, anche se il Decreto Clima consentiva ai clienti dei supermercati di utilizzare contenitori propri, come è emerso da una recente indagine di Greenpeace, pubblicata in anteprima per ‘Carrelli di plastica’, in molti punti vendita questa possibilità ancora non viene data. Ci sono, però, alcune iniziative. A dieci anni dal lancio della campagna ‘Porta la Sporta’ dell’associazione Comuni Virtuosi, a dicembre 2019 sei punti vendita Sigma, uno di Ecu e uno di Economy tra Modena e Bologna hanno permesso di acquistare prodotti freschi al banco con contenitori riutilizzabili portati da casa. Poi c’è il progetto Spesa Sballata di Varese: tra il 2020 e il 2021, in alcuni supermercati Coop e Carrefour della provincia, le famiglie che hanno aderito hanno potuto acquistare con i propri contenitori prodotti freschi al banco gastronomia. Un progetto simile, ‘Libera la Spesa’, è stato di recente avviato nelle Marche. Una delle declinazioni del mondo dello sfuso e della ricarica è quello delle consegne a domicilio. Refillo, per esempio, vende detergenti per la pulizia della casa, detersivi per il bucato, prodotti per l’igiene personale in modalità vuoto a rendere. Quando l’operatore arriva a domicilio, si scambiano i flaconi vuoti utilizzati con quelli nuovi.

I modelli che puntano al riutilizzo – L’altro modello per combattere l’usa e getta si basa su una serie di servizi, per esempio nel settore della somministrazione di alimenti e bevande. “Dal 2023 – ricorda Azzurro – gli esercizi di somministrazione e ristorazione in Germania dovranno fornire un’opzione riutilizzabile ai clienti per asporto e consegna a domicilio”. Tra le migliori imprese nate per fornire servizi basati sull’impiego di contenitori riutilizzabili in Germania c’è Vytal. In Italia ci prova Aroundrs, società benefit nata a Milano in pieno lockdown. Lo spiega Giulia Zanatta, co-founder: “Abbiamo sviluppato un servizio digitale che permette il riutilizzo del packaging e funziona in modi diversi a seconda del tipo di clienti a cui ci rivolgiamo, ristoranti, mense e catering per aziende”. Ma non c’è il supporto normativo che viene dato in altri Paesi. “Vengono anche diffuse informazioni sbagliate. A volte – racconta – i ristoranti ci rispondono che stanno usando già bioplastica o plastica compostabile. Ma non è la stessa cosa, è il riutilizzo la scelta migliore”. A Milano, è nata anche Zero Impack, che fornisce un servizio di imballaggio riutilizzabile per eliminare il monouso generato da consegna di cibo, eventi di catering e take-away. E poi c’è la versione italiana del sistema svizzero reCIRCLE, circuito europeo nel quale locali, aziende e persone condividono la scelta di usare contenitori riutilizzabili. Sono coinvolti ristoranti e take-away, scuole, università, aziende e non profit. Altra realtà è Rent Solution. L’imprenditore di San Fior (Treviso) Roberto Basso, fornitore di monouso per eventi, nel 2019 ha riconvertito l’attività offrendo un servizio di noleggio e sanificazione di stoviglie per le occasioni più varie, dalle sagre ai matrimoni. Ci sono tante imprese, poi, che vendono bicchieri riutilizzabili per eventi. Poche, però, costruiscono anche un modello virtuoso. Ci prova ‘Amico bicchiere’ di Riccardo Grasso che fornisce il ‘bicchiere a rendere’ con l’obiettivo di sostituire il monouso per il consumo in strada nelle zone della movida di Bologna (si è partiti dal Pratello) con bicchieri restituibili attraverso una rete che coinvolge diverse attività.

La logistica distributiva, dall’e-commerce della moda ai mercati del pesce – Alcune aziende di trasporti iniziano a fornire contenitori riutilizzabili per alcune consegne. La Movopack di Milano offre una soluzione di imballaggio riutilizzabile per i rivenditori di e-commerce di moda. È attivo da trent’anni, invece, in Emilia Romagna, Cpr system: le cassette riutilizzabili in plastica a sponde abbattibili hanno soppiantato quelle monouso in prolipopilene o in legno tipicamente utilizzate nella logistica distributiva dell’ortofrutta nei supermercati. A dimostrazione che la plastica non va demonizzata, purché non sia usa e getta. Ifco Italia, invece, fornisce soluzioni di imballaggio riutilizzabile specifiche a seconda del tipo di alimento: carne, pesce, uova, prodotti da forno, verdura e frutta. Un’altra rivoluzione sta avvenendo nei mercati del pesce. Per tutte le spedizioni in Italia di pescato la marineria di Rimini, grazie a un impianto di sanificazione, utilizza cassette in plastica rigida restituibili invece di quelle in polistirolo usa e getta. Le utilizzano anche i commercianti ittici del mercato di Cesenatico e anche quelli di Fano hanno detto addio alle cassette in polistirolo. Ad Ancona, invece, il Comune ha beneficiato di un finanziamento regionale di 50mila euro per sostituirle con quelle di plastica rigida.

Twitter: @luisianagaita

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