E’ notizia di qualche giorno fa, che una famiglia finlandese è “scappata” dall’Italia dopo essersi tristemente confrontata con il sistema scolastico italiano. Come sia possibile, dico io! Forse perché il modello scolastico finlandese è considerato il migliore al mondo. Boh, chissà? Nonostante ciò, la temeraria Eline Mattsson decide nell’agosto scorso di trasferirsi insieme al marito e 4 figli in Sicilia e precisamente a Siracusa. Il suo animo artistico da pittrice la fa inevitabilmente innamorare del nostro Paese, tanto da convincersi che l’Italia sia il posto giusto nel quale far crescere i suoi figli. Sole, mare, arte in ogni angolo, cibo ottimo, tutto sembrava essere perfettamente allineato per regalare a Eline e alla sua famiglia una vita da sogno. Peccato che, finite le colazioni con granita e brioche e le passeggiate ad Ortigia, la signora è stata costretta a fare i conti con la quotidianità e soprattutto con il favoloso mondo della scuola italiana, a tutti i livelli.

I suoi figli, infatti, hanno rispettivamente 3, 6, 14 e 15 anni, il che le ha permesso di confrontarsi con varie realtà scolastiche. La sua esperienza è stata talmente traumatica che ha sentito il bisogno di scrivere una lettera alla testata giornalistica Siracusa News, nella quale spiega in maniera piuttosto seccata quanto il sistema scolastico italiano sia indietro. Si lamenta del fatto che i bambini e i ragazzi siano costretti a passare troppo tempo confinati nelle classi, senza sperimentare abbastanza il gioco all’aria aperta. Nella sostanza, Eline non riesce a capacitarsi del fatto che, per la scuola italiana, il benessere degli studenti non sia in cima alle priorità di tutto il sistema. Il suo sfogo, sebbene possa sembrare retorico, ha reso un’impietosa ma reale fotografia di ciò che vivono i nostri figli nelle scuole che frequentano ogni giorno.

Eline propone più volte il confronto con la Finlandia, la quale ha da tempo adottato un sistema scolastico rivoluzionario, che ne ha fatto un modello a livello mondiale. I bambini devono giocare e i ragazzi devono muoversi e stare all’aria aperta, non tanto per il gioco in sé, quanto per ciò che tutto questo significa a livello sociale. Più si socializza, più si impara il rispetto per il prossimo, se ne comprendono le diversità e ciò contribuisce a creare degli adulti più responsabili e più civili. Lo sfogo di questa madre ha scatenato una bufera sui social dividendo di fatto l’opinione pubblica: c’è chi ne ha compreso il significato, che va al di là della becera e sterile critica a una cultura diversa, e chi invece non ha gradito l’affronto e lo ha vissuto come un vero e proprio attacco all’Italia e alla nostra cultura millenaria.

La verità è che ha assolutamente ragione, ma per poter applicare il modello finlandese in Italia occorrerebbe ripensare interamente non solo il sistema scuola, ma tutto l’assetto sociale e culturale. Se lì si aspira al benessere collettivo, che passa attraverso quello di ogni singolo studente, qui si favorisce la competizione e le capacità del singolo vengono misurate sulla base di voti più o meno alti, che ne condizioneranno tutto il percorso di studi. Là c’è collaborazione e interazione, qui si tende a creare individui che vengono identificati in base ai risultati ottenuti, non in base alle reali capacità e inclinazioni. Per non parlare poi della questione “lingua inglese”.

Nella sua lettera, Eline sostiene che suo figlio di 14 anni parla inglese meglio della stessa insegnante. Non faccio fatica a crederci. Proprio in questi giorni, infatti, sto sperimentando direttamente la povertà dell’offerta formativa delle scuole italiane, specialmente quelle pubbliche. Il Miur ha aperto le iscrizioni per il prossimo anno scolastico e io e il mio compagno siamo alle prese con la scelta di una scuola elementare per nostra figlia. Ci si è aperto uno scenario desolante, nel quale la scuola pubblica ne esce miseramente sconfitta. Non tanto per il personale scolastico, che sono certa sia complessivamente competente e preparato, quanto per ciò che queste scuole offrono ai loro studenti in termini di didattica e di formazione.

Nel 2023, invasi dai social network, con i nostri nonni che parlano di link, tag e selfie, con le videochiamate che sono diventate call e le riunioni di lavoro meeting, la lingua inglese a scuola è ancora un optional, una sorta di lezione bonus tipo l’ora di ceramica, tanto che il programma ministeriale ne prevede un’ora a settimana. Ciò non è francamente ammissibile. Tra l’altro, questa povertà dell’offerta formativa pubblica costringe le famiglie a rivolgersi sempre di più alle strutture private, che tentano di sopperire alle lacune della scuola statale. Ovviamente ciò crea una fortissima disparità sociale, che riserva un certo tipo di percorso formativo solo a chi ha maggiori disponibilità economiche.

In Finlandia – per tornare alla famiglia “fuggitiva” – questa disparità non esiste, poiché tutti hanno le stesse opportunità di istruzione e vengono messi nella medesima condizione di poter apprendere in armonia e condivisione. Sembra la descrizione di un mondo immaginario: il fatto è che non solo questo mondo esiste, ma è ciò a cui ognuno di noi dovrebbe aspirare, per sé e soprattutto per il futuro dei propri figli. Al di là delle colazioni con granita e brioche.

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