Le posizioni dei pm del caso Open denunciati da Matteo Renzi vanno archiviate. E’ quello che chiede la procura di Genova, competente sui procedimenti che riguardano i magistrati toscani. L’aggiunto di Firenze Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi erano stati denunciati – e indagati per abuso d’ufficio – dal leader d’Italia viva e da Marco Carrai, per aver inviato al Copasir copia del fascicolo dell’inchiesta su Open, comprese chat e mail che erano state sequestrate all’imprenditore toscano. A richiedere quelle carte era stato l’organismo parlamentare che vigila sulla sicurezza della Repubblica, l’11 novembre del 2021. L’8 marzo del 2022, dunque, Turco aveva inviato i faldoni al Copasir. Secondo Renzi e secondo Carrai, però, quell’invio era arrivato dopo il provvedimento della Cassazione che il 18 febbraio scorso aveva dichiarato illegittimi i sequestri all’imprenditore del Giglio magico, ordinando la restituzione del materiale “senza trattenimento di copia”.

Le doglianze di Renzi – Per questo motivo da circa sei mesi Renzi lamenta di essere stato danneggiato dalle condotte dei magistrati che lo indagano. L’ex segretario del Pd, infatti, è al momento imputato in udienza disciplinare nell’inchiesta sulla fondazione che ha accompagnato la sua scalata politica. Soltanto 24 ore fa, tra l’altro, Renzi ha portato in Parlamento il caso delle carte di Open inviate al Copasir, accusando i magistrati di Firenze di essere “eversivi” perché non avrebbero rispettato la decisione della Cassazione sulle carte sequestrate a Carrai. Nella sua battaglia Renzi ha subito trovato disponibilità da parte del nuovo guardasigilli Carlo Nordio, che ha annunciato di voler mandare i suoi ispettori a Firenze.

La lettera di Turco al Copasir – Mentre Nordio si muove per inviare gli ispettori, però, la procura competente sul caso ha già chiesto di archiviare le accuse di abuso d’ufficio su magistrati fiorentini. E nella richiesta di archiviazione non lascia alcun dubbio su quale sia l’interpretazione giuridica data alla vicenda. Come ha scritto il Fatto Quotidiano, infatti, quando l’8 marzo il pm di Firenze Turco invia le carte al Copasir scrive chiaramente – a proposito degli atti di Carrai – che anche se le informazioni “sono processualmente inutilizzabili, considerate le finalità istituzionali del Comitato, non condizionato da regole processuali, ritengo comunque doveroso” trasmetterle.

“Legittimo l’invio delle carte al Copasir” – Ora la procura di Genova condivide questa posizione. “Correttamente è stata ritenuta legittima da parte dei pubblici ministeri di Firenze la richiesta del Copasir e correttamente è stata ritenuta doverosa la risposta con trasmissione degli atti richiesti”, scrivono i magistrati liguri nella richiesta d’archiviazione. L’autorità giudiziaria, infatti, a richiesta del Copasir non può non rispondere, ma al massimo ritardare la trasmissione di informazioni richieste “per ragioni di natura istruttoria”. Ma, proseguono i pm di Genova, non si può ritenere che l’intervento della sentenza della Cassazione su Carrai “costituisse una ragione di natura istruttoria che avrebbe consentito al più in rinvio della trasmissione ma non certamente un rifiuto”. Per questo, concludono i magistrati liguri, “non si è trattato di una indebita e intenzionale propalazione all’esterno del materiale sequestrato”, come cioè sostengono Renzi e Carrai, “bensì di una doverosa comunicazione istituzionale a un organismo parlamentare, i cui membri sono tenuti al segreto d’ufficio“. Per questo motivo, secondo i pm di Genova, “mancano gli elementi costitutivi del reato“. Adesso bisognerà capire se il gip condividerà quest’impostazione.

L’altra archiviazione di Genova – Non sarebbe la prima volta che un giudice ligure dà ragione ai magistrati di Firenze e torto a Renzi. Già il 31 maggio scorso il gip di Genova aveva respinto l’opposizione dell’ex premier alla richiesta di archiviazione presentata a febbraio scorso dalla Procura del capoluogo ligure. Renzi accusava l’ex procuratore capo fiorentino Giuseppe Creazzo, l’aggiunto Turco e il sostituto Nastasi – cioè gli stessi pm del caso Open – di abuso d’ufficio per aver effettuato sequestri della sua presunta corrispondenza”, cioè di suoi messaggi Whatsapp sui telefoni di terzi e del suo estratto conto bancario, senza la preventiva autorizzazione del Senato, violando quindi (secondo lui) l’articolo 68 della Costituzione e la legge 140/2003 sulle guarentigie dei parlamentari. Meno di un mese dopo quella decisione – il 29 giugno del 2022 – ecco che Renzi è tornato alla carica inviando alla procura di Genova una nuova “doglianza” sui pm che lo indagano per Open, dalla quale è nata una nuova indagine per abuso d’ufficio. Che ora i pm chiedono – ancora una volta – di archiviare.

Firenze: “Archiviare 6 indagati di Open” – Quasi in contemporanea con i colleghi genovesi, la procura di Firenze ha chiesto invece l’archiviazione per 6 indagati nell’inchiesta Open. Si tratta del filone sul presunto traffico di influenze: la richiesta riguarda l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente di Open, Lino Bergonzi, ad di Renexia (gruppo Toto), l’imprenditore cinematografico Alessandro Di Paolo, il suo avvocato Luca Casagni Lippi. Richiesta di archiviazione poi per l’imprenditore fiorentino Patrizio Donnini e per la moglie Lilian Mammoliti, il primo accusato di false comunicazioni sociali insieme a Bergonzi – chiesta l’archiviazione anche per quest’ultimo – la donna per autoriclaggio. Il procedimento principale – quello sul finanziamento illecito ai partiti – è in udienza preliminare con undici richieste di rinvio a giudizio: riprenderà il 27 gennaio dopo che i pm Turco e Nastasi hanno chiesto un rinvio per aspettare il deposito dell’ordinanza con cui la Consulta ha ammesso il conflitto tra i pm fiorentini e il Senato quando i primi allegarono agli atti dell’inchiesta e-mail e chat del leader di Iv senza chiedere l’autorizzazione preventiva a Palazzo Madama.

Aggiornamento del 7 marzo 2023
Segnaliamo che, in data 13 gennaio 2023, il gip del Tribunale di Firenze ha disposto l’archiviazione del procedimento nei confronti di Lino Bergonzi e degli altri, che risultavano indagati nel filone dell’inchiesta relativo al presunto traffico di influenze, a cui fa riferimento il presente articolo.

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