È stata archiviata la denuncia di Matteo Renzi contro i pubblici ministeri di Firenze che lo indagano per il caso Open. Il giudice per le indagini preliminari di Genova, Claudio Siclari, ha respinto l’opposizione dell’ex premier alla richiesta di archiviazione presentata a febbraio scorso dalla Procura del capoluogo ligure. Renzi accusava l’ex procuratore capo fiorentino Giuseppe Creazzo, l’aggiunto Luca Turco e il sostituto Antonino Nastasi – cioè i tre pm che hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti per finanziamento illecito ai partiti – di abuso d’ufficio per aver effettuato sequestri della sua presunta corrispondenza”, cioè di suoi messaggi Whatsapp sui telefoni di terzi e del suo estratto conto bancario, senza la preventiva autorizzazione del Senato, violando quindi (secondo lui) l’articolo 68 della Costituzione e la legge 140/2003 sulle guarentigie dei parlamentari. Una tesi accolta dal Senato stesso, che approvando la relazione della Giunta per le immunità ha votato per sollevare un conflitto di attribuzioni con i pm di fronte alla Consulta.

Le chat con Manes e Carrai? “Non sono corrispondenza” – Ora però è il gip, sulla scorta della Procura, a fare a pezzi quella ricostruzione giudicata valida da 167 senatori: per quanto riguarda i sequestri delle chat con Renzi sui telefoni di Marco Carrai (anch’egli indagato nel caso Open) e dell’imprenditore Vincenzo Manes, scrive il giudice, “non si tratta evidentemente di sequestro di corrispondenza effettuato direttamente nei confronti del sen. Renzi”, coperto dalla tutela costituzionale; anzi, “non si tratta nemmeno di corrispondenza“, perché la Cassazione in plurime sentenze “ha chiarito che i messaggi memorizzati costituiscono meri documenti informatici, intesi in senso statico, dunque acquisibili ai sensi dell’articolo 234″ del codice di procedura penale sulle prove documentali (qui l’approfondimento sul tema del fatto.it). “Trattandosi di documenti – è la conclusione – per la loro acquisizione non era quindi necessaria la preventiva autorizzazione del Senato, richiesta soltanto per il sequestro di corrispondenza, oppure per sottoporre il membro del Parlamento a intercettazioni”.

“Comunicazioni captate solo in modo indiretto” – In ogni caso – ribadisce l’ordinanza – quelle comunicazioni “sono state captate in maniera indiretta“, e non con atti d’indagine rivolti contro Renzi. “In primo luogo”, infatti, “sono state acquisite presso persone che non rivestivano la qualità di parlamentare, e pertanto non era necessaria l’autorizzazione del Senato. In secondo luogo”, prosegue, “si è trattato di perquisizioni e non di attività di intercettazione”: e comunque, anche se si considerassero intercettazioni, l’autorizzazione del Senato non sarebbe stata necessaria. Infatti, secondo la Corte costituzionale, “allorché un parlamentare risulti tra gli indagati non deve essere richiesta la preventiva autorizzazione (…) neppure se vi è elevata probabilità che le intercettazioni disposte finiscano per captare le comunicazioni del parlamentare, in quanto la mera circostanza che anche uno solo tra gli indagati rivesta la qualifica di deputato o senatore paralizzerebbe il mezzo di ricerca della prova nei confronti di tutti”.

“Nessuna acquisizione mirata” – Va escluso anche che le acquisizioni fossero “mirate“, cioè rivolte contro Manes e Carrai allo scopo di leggere i messaggi di Renzi: il gip ricorda che “la perquisizione a carico di Manes è stata effettuata nell’anno 2019, epoca in cui Renzi non era ancora stato iscritto” nel registro degli indagati; e “neppure la circostanza che le acquisizioni siano state effettuate “attraverso la ricerca con parole chiave” (nome di parlamentari) induce a ritenere che si trattasse di indagini mirate, in quanto i sequestri sono stati effettuati nei confronti di persone non legate da rapporti di parentela con l’esponente (Renzi, ndr) sottoposte all’indagine sulla fondazione Open (Carrai) o che avevano ad essa contribuito (Manes); del resto, nella fondazione Open l’esponente non rivestiva cariche formali“. Per quanto concerne invece il sequestro dell’estratto conto bancario (anch’esso ritenuto “corrispondenza” da Renzi) “la giurisprudenza ha precisato che la documentazione bancaria (…) non rientra nella nozione di corrispondenza se non risulta (come nel caso concreto) che sia stata oggetto di spedizione al soggetto interesssato”. Anche in questo caso, quindi, trattandosi di documenti non era necessaria l’autorizzazione del Senato per acquisirli.

La richiesta di archiviazione – D’altra parte, la Procura genovese – competente per territorio sui procedimenti che riguardano i magistrati toscani – aveva chiesto l’archiviazione pochi giorni dopo aver ricevuto la denuncia: per il procuratore facente funzioni Francesco Pinto e l’aggiunto Ranieri Miniati, “il problema valutativo che il caso pone non è quello dell’illiceità delle acquisizioni, che evidentemente non sussiste (…), ma dell’utilizzabilità degli elementi probatori acquisiti nei confronti dei parlamentare. Deve quindi ritenersi esclusa ogni ipotesi di reato in relazione alle condotte dei magistrati inquirenti (…), trattandosi invece di questione endoprocessuale, che appartiene alla esclusiva competenza del giudice penale di Firenze e che ovviamente in questa sede non può essere valutata“, scrivevano nella richiesta. Concludendo che l’accusa di abuso d’ufficio è infondata “sia sotto il profilo materiale, sia, e a maggior ragione, sotto quello psicologico“: perché si configuri il reato, infatti, sarebbe necessario provare l’intenzione di Turco, Creazzo e Nastasi di arrecare a Renzi un “danno ingiusto“, che secondo il leader di Italia Viva consiste nella lesione “all’immagine pubblica e alla reputazione professionale di senatore”.

Renzi: “Ci riproveremo dopo la Consulta” – “La decisione del gip di Genova era scontata dopo la frettolosa richiesta dei colleghi genovesi. Lette le motivazioni dell’ordinanza, giuridicamente molto deboli e contraddittorie, ripresenteremo la questione a Genova dopo che la Corte Costituzionale si sarà pronunciata sul conflitto di attribuzione”, si legge in una nota diffusa dall’ufficio stampa di Renzi. “Chiederemo conto – aggiunge il comunicato – dell’invio illegittimo al Copasir di atti che la Corte di Cassazione aveva ordinato di distruggere e che i magistrati fiorentini hanno inviato dopo la sentenza della Cassazione (oggetto di un’altra denuncia a Genova da parte di Carrai, ndr). In questo caso è tecnicamente impossibile escludere il dolo dei pm fiorentini come invece fa oggi il gip. L’archiviazione genovese di questa denuncia era attesa, nelle prossime settimane vedremo se circa le prossime denunce (in arrivo o già arrivate a Genova) prevarrà il corporativismo tra colleghi o il merito delle denunce”.

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