di Luigi Manfra*

Nei mesi di luglio ed agosto 2022, secondo i dati del programma di osservazione della Terra Copernicus, una buona parte dell’Europa, pari a circa il 47% della superficie totale, è stata caratterizzata da una grave siccità. Il fenomeno ha interessato anche l’Italia dove la situazione a tutt’oggi non è ancora superata.

La siccità di quest’anno è soltanto un episodio di un problema più vasto sul quale incidono sia i cambiamenti climatici sia la scarsità di acqua dolce. Sono questi i fattori chiave all’origine dello stress idrico. Inoltre, la crescente pressione della domanda provoca un deterioramento sia in termini di quantità, sia di qualità, provocando inquinamento ed eutrofizzazione.

Il nostro pianeta, escludendo l’acqua marina utilizzabile soltanto in minima parte attraverso gli impianti di dissalazione, dispone soltanto di 40 milioni di km cubi di acqua dolce, di cui una buona parte è racchiusa nei ghiacciai. Per le esigenze umane sono disponibili soltanto 4,5 milioni di km cubi.

L’organizzazione mondiale della meteorologia, a causa della rapida crescita dei consumi, prevede che nel 2050 la disponibilità di acqua potrebbe subire un notevole calo e 5 miliardi di persone potrebbero rimanerne senza. Nei prossimi anni questo sarà il problema più allarmante, soprattutto per il settore agricolo, che utilizza il 70% dell’acqua disponibile.

Nel 1989, per ogni abitante della Terra c’erano 9.000 metri cubi d’acqua potabile a disposizione, mentre nel 2025 ce ne saranno poco più di 5.000. I consumi globali d’acqua, infatti, raddoppiano ogni 20 anni, molto al di sopra del tasso di crescita della popolazione.

Si calcola che attualmente i consumi mondiali assorbano il 54% dello stock di acqua potabile disponibile. Nel 2025 questa percentuale arriverà al 70% e potrebbe raggiungere il 90% nel 2050 per far fronte ai consumi di una popolazione che, in quel decennio, dovrebbe raggiungere i 10 miliardi di abitanti.

Nel mondo c’è una forte disparità tra le diverse regioni. Negli Stati europei e del Nord America, ad esempio, una famiglia consuma dai 150 ai 350 litri giornalieri, mentre nelle regioni più povere del sud del mondo, non si superano i 20 litri. Sono dati preoccupanti, perché al di sotto dei 50 litri di acqua quotidiani, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, si può già parlare di sofferenza idrica, una condizione che oggi interessa il 41% della popolazione mondiale.

Il volume di acqua complessivamente prelevato per uso potabile sul territorio italiano è pari a circa 9,5 miliardi di metri cubi. Un approvvigionamento così consistente è reso possibile da una produzione giornaliera di 26 milioni di metri cubi di acqua, che corrisponde a un prelievo di 428 litri giornalieri per abitante. Quasi l’85% per cento del prelievo nazionale di acqua deriva da acque sotterranee, di migliore qualità, mentre il 15,6 per cento da acque superficiali.

Pur avendo il primato europeo per la quantità di precipitazioni annue con un volume di circa 300 miliardi di metri cubi, la quantità di risorse idriche utilizzabili derivanti dalla pioggia è molto minore. Secondo alcune stime questa cifra si aggira intorno all’11%.

All’emergenza climatica in atto sull’Italia, con la tropicalizzazione dei fenomeni meteorologici, precipitazioni più violente e repentini sbalzi termici, si affiancano fenomeni di crescente desertificazione, attualmente presenti in più del 21% del territorio nazionale.

Nonostante la discreta disponibilità di risorse idriche, la situazione in Italia va decisamente peggiorando, ed è quindi necessario attuare misure in tempi brevi. Per quanto riguarda le cause derivanti dai cambiamenti climatici, date le dimensioni planetarie del problema, si può soltanto rispettare gli impegni presi a livello internazionale.

Invece i problemi interni possono e devono essere affrontati e risolti con grande energia. Innanzitutto, le perdite di acqua potabile dovute a corrosione e rotture delle tubazioni sono pari al 41,4 % confermando lo stato di persistente inadeguatezza della infrastruttura idrica e gli scarsi investimenti in termini di manutenzione e sviluppo. La dispersione è molto più accentuata nel settore civile, con perdite del 45,3%. Mentre per l’agricoltura si stima invece una dispersione di acqua minore.

L’Italia dedica a scopi irrigui, agricoltura e allevamenti, circa il 60% dei 9,5 miliardi dell’ammontare totale di acqua dolce. Purtroppo, ancora il 62% dell’acqua, pari a 59 milioni di metri cubi, è distribuito alle colture mediante sistemi di irrigazione a bassa efficienza, mentre quello di irrigazione a goccia è utilizzato in frutticoltura, in orticoltura, nelle serre e nei vivai per i quali è fondamentale il risparmio idrico, anche per motivi economici.

Il ministero dell’Agricoltura di Israele ha presentato di recente un nuovo sistema di irrigazione a goccia che, attraverso una semplice interfaccia web, consente agli agricoltori di ottenere raccolti di alta qualità a costi minori mediante irrigazione di precisione. L’Italia, se vuole preservare le proprie risorse idriche, dovrebbe seguire l’esempio di Israele, e lo Stato dovrebbe fornire agli agricoltori incentivi pubblici per facilitare la conversione.

* Già docente di Politica economica presso l’Università Sapienza di Roma, si occupa di economia internazionale, soprattutto in relazione al Mediterraneo

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