“Siamo passati da un presidente della Regione come Piersanti Mattarella, che si fece uccidere nel 1980 per i suoi ‘no’ al sistema di potere mafioso, a un presidente della Regione che oggi pubblicamente fa accordi elettorali con Marcello Dell’Utri, condannato per gravi reati di mafia, che mai ha rinnegato il proprio passato. Anzi, ha pubblicamente definito come eroe non Giovanni Falcone ma il capomafia Vittorio Mangano per essere rimasto fedele fino alla fine al codice mafioso dell’omertà”. È il durissimo j’accuse pronunciato dall’ex procuratore generale di Palermo, Roberto Scarpinato, all’indirizzo del governatore siciliano Nello Musumeci, in occasione dell’evento “Mafia e Politica” tenutosi a di Villa Filippina (Palermo) e organizzato dalla Scuola di Formazione del M5s.

Scarpinato, in un lungo excursus storico sulle origini della “borghesia mafiosa”, lancia l’allarme sul pericoloso ritorno di quella “classe media”, così come fu definita nel 1876 dal sociologo Leopoldo Franchetti: “Recentemente sono sopravvenuti nuovi fattori esogeni macroeconomici che sembrano preludere all’apertura di un nuovo ciclo che potrebbe portare a una riedizione rivista e corretta della vecchia politica della gestione clientelare del consenso. A seguito della gravissima crisi innescata nell’economia mondiale dalla pandemia, l’Ue ha deciso di mettere da parte per alcuni anni il Patto di Stabilità e le disastrose politiche di austerity e di agevolare la ripresa economica iniettando nel sistema ingentissime risorse: il Pnrr di circa 192 miliardi che, con ulteriori provvedimenti, ammonta a cica 205 miliardi. È iniziato così l’assalto alla diligenza dei grandi gruppi di potere sia in campo nazionale, sia in campo regionale per accaparrarsi quote consistenti di questi fondi”.

Scroscianti applausi al pubblico quando Scarpinato cita la caduta del governo Conte Due: “È iniziata così una nuova corsa all’oro che, per un verso, è alla base delle fibrillazioni del patto politico nazionale in questi ultimi anni. Io credo che alla base del governo Conte nel 2021 vi sia anche questo. Per un altro verso, questa corsa all’oro è la posta in gioco per le future elezioni. L’assalto alla diligenza per i fondi del Pnrr è destinato a restare centrale nel quadro politico nazionale, ma anche in campo locale, in particolare nelle regioni del Sud e in Sicilia”.
E aggiunge: “Si sono ricreate le precondizioni per un ritorno alle vecchie politiche di gestione della spesa pubblica come strumento di gestione del voto clientelare. E si sono scatenati gli appetiti dei potentati locali e dei comitati d’affare. Non sembra dunque casuale che proprio in questo momento storico si verifichi la pubblica discesa in campo e il ritorno in scena nella campagna elettorale di protagonisti della storia politica della Prima Repubblica – continua – tra i quali specialisti della gestione del voto di scambio, che portano in dote enormi catene clientelari già fidelizzate, e uomini-simbolo della borghesia mafiosa, già condannati per reati di mafia, la cui voce diventa determinante e risolutiva per sedare gli antagonismi dei gruppi locali e per imporre la linea ai candidati. Sembra così che l’orologio della storia rischi di tornare indietro ai tempi bui di un passato che ritorna e che si chiuda la stagione dell’antimafia iniziata negli anni ‘80”.

Nel suo lungo intervento, il magistrato menziona con toni gravi le polemiche sull’ergastolo ostativo: “Provenzano aveva detto che ci voleva pazienza e che basta aspettare almeno 10 anni prima di avere una norma che eliminasse l’ergastolo ostativo, consentendo ai mafiosi condannati di uscire dal carcere senza collaborare. Ci sono voluti, in realtà, 30 anni ma l’obiettivo è stato raggiunto. Stiamo celebrando il trentennale delle stragi di Capaci e di via D’Amelio – rincara – con uno Stato che rinuncia a sapere la verità dagli unici che la conoscono, cioè da circa 15 condannati all’ergastolo. Uno Stato che sta procedendo al progressivo smantellamento della normativa antimafia approvata solo grazie al sangue di Capaci e di via D’Amelio. La mafia ringrazia e la borghesia mafiosa ritorna a esibire i suoi muscoli e il suo ritrovato potere”.

Frecciata anche a Fratelli D’Italia, che nell’aprile scorso ha organizzato in un’Aula del Senato un convegno in memoria di Gianadelio Maletti, generale e agente segreto latitante in Sudafrica, già condannato con sentenza definitiva per favoreggiamento nel processo sulla strage di piazza Fontana. Scarpinato menziona le parole del deputato meloniano Federico Mollicone (“Maletti è stato un uomo dello Stato che ha attraversato tempeste giudiziarie, ma che ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”), poi conclude amaramente: “Comprendere la realtà e la verità storica di quanto accaduto è un compito al quale non possiamo e non dobbiamo sottrarci. Questo è il modo migliore per impedire che il passato ritorni nella inconsapevolezza collettiva. Questo è il modo migliore per continuare a dare un senso alla morte dei tanti che si sono fatti uccidere per farci vivere in un’Italia migliore e per impedire che i nostri morti, oltre a essere seppelliti sotto la terra, siano seppelliti sotto la coltre della retorica di Stato, che, come diceva Leonardo Sciascia, è il sudario dietro al quale si nascondono le piaghe infette della nazione”.

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