Non il depistatore ma il “soldato” decorato persino da Tito, uno dotato di grande senso di “obbedienza allo Stato“. E pazienza se è morto da latitante dopo essere stato coinvolto nelle trame nere dello stragismo italiano. E’ polemica per il convegno ospitato il 14 aprile nella Sala Capitolare del Senato e dedicato a Gianadelio Maletti, già numero due del Sid, il servizio informazioni della Difesa, antenato del Sismi. Un incarico che mantiene dal 1971 fino al 1975. Poi la caduta: prima viene rimosso dall’incarico ai vertici del Sid, poi viene arrestato nel 1976, quindi arriva la condanna per aver depistato le indagini sulla strage di Piazza Fontana, diventata definitiva nel 1987. Troppo tardi però: perché Maletti è già all’estero, fuggito a Johannesburg, in Sudafrica, Paese che gli ha concesso la cittadinanza già nel 1981. Rientrato temporaneamente in Italia nel 2001 per testimoniare al processo su piazza Fontana, Maletti riferì alla commissione parlamentare sulle stragi che “fino al 1974 il potere politico non aveva spiegato agli uomini dei Servizi che dovevano difendere la Costituzione“. Dopo quattro decenni da latitante, l’ex generale è morto in Sudafrica nel giugno scorso, alla soglia dei cent’anni.

Di tutte queste cose, però, al Senato non si è parlato. In un convengo lungo due ore, di cui ha dato notizia Repubblica, alle vicende giudiziarie di Maletti si è fatto un cenno veloce. Per esempio non si è ricordato che il nome dell’ex generale era contenuto negli elenchi della P2, anche se l’agente segreto ha sempre smentito di essere stato iscritto alla loggia di Licio Gelli. “Serve una sospensione del giudizio, quando parlano i protagonisti”, ha detto Federico Mollicone, deputato di Fdi. Secondo Repubblica il parlamentare meloniano ha ammesso che su Maletti ci saranno state “luci e ombre” ma “è stato prima di tutto un militare“, un “uomo dello Stato che ha attraversato tempeste giudiziarie, ma ha sempre osservato l’appartenenza alla divisa”. La curatrice dell’evento, Concetta Argiolas, ha ricordato il “passato luminoso” dell’ex numero due dei servizi, la “decorazione del maresciallo Tito” fino alle “esercitazioni da manuale”.

Il convegno ha provocato la reazione politica di Dario Parrini e Luigi Zanda, senatori del Pd: “Ha suscitato in noi profondo stupore il convegno d’impronta elogiativa svoltosi nei giorni scorsi in Senato per presentare il cosiddetto memoriale di Gianadelio Maletti”, dicono i due esponenti dem, ricordando che “Gianadelio Maletti fu un alto dirigente dei servizi segreti coinvolto in alcune delle trame più torbide della Strategia della Tensione in Italia. Nel 1987 insieme ad Antonio Labruna fu condannato in via definitiva per aver favorito la fuga all’estero di attivisti dell’estrema destra vicini a Franco Freda. Egli stesso per sottrarsi alla giustizia italiana era nel frattempo scappato in Sudafrica, dov’è morto da latitante. La sua biografia è esemplare solo nel senso che è un esempio di come non si serve lo Stato e di come non si deve stare nelle istituzioni democratiche. Non può passare l’idea che in Senato si possa dare ospitalità a qualsiasi cosa. La tormentata storia del nostro Paese esige più prudenza e maggiore rispetto”. Simile il commento di Andrea Marcucci: “La presidenza del Senato deve stare più attenta ad approvare le proposte di convegni. Quello svoltosi nei giorni scorsi sul cosiddetto memoriale di Gianadelio Maletti, alto dirigente dei Servizi segreti , coinvolto nelle più torbide trame durante gli anni della strategia della tensione, non aveva le caratteristiche adatte per la presentazione a Palazzo Madama”.

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