I carabinieri del Nucleo investigativo di Roma, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno eseguito 65 misure cautelari emesse dal giudice per le indagini preliminari: per 39 indagati è stata disposta la custodia in carcere, per altri 26 gli arresti domiciliari. Le accuse a vario titolo sono di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico internazionale di sostanze stupefacenti aggravata dal metodo mafioso, essione e detenzione di stupefacente ai fini di spaccio, estorsione aggravata e detenzione illegale di arma da fuoco, fittizia intestazione di beni e attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti aggravato dal metodo mafioso. L’ipotesi degli inquirenti, i procuratori aggiunti Michele Prestipino e Ilaria Calò, è che attraverso l’importazione di cocaina in larga scala dal Sud America i clan di ‘ndrangheta abbiano colonizzato il litorale romano, riuscendo ad infiltrarsi anche nelle amministrazioni locali attraverso il controllo di attività economiche nei più svariati settori, da quello ittico alla gestione e smaltimento dei rifiuti. Tra gli arrestati ci sono due appartenenti all’Arma dei Carabinieri accusati di aver fornito informazioni riservate agli appartenenti ai clan. A uno dei due, sottoposto a custodia in carcere, è contestato il concorso esterno in associazione mafiosa; all’altro, ai domiciliari, la rivelazione di segreto d’ufficio. Nel gruppo criminale figurano diversi appartenenti a storiche famiglie originarie di Guardavalle (Catanzaro), tra cui i Gallace, i Perronace e i Tedesco.

“Sostegno elettorale dei clan al sindaco di Anzio” – Nella mattinata di giovedì sono stati perquisiti gli uffici comunali di Anzio e Nettuno alla ricerca di documenti utili alle indagini, con particolare riferimento alle infiltrazioni della criminalità organizzata nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti da parte delle due amministrazioni. Nell’ordinanza di oltre 1300 pagine che ha disposto gli arresti si legge inoltre che i clan hanno garantito sostegno elettorale a Candido De Angelis, “imprenditore ittico, eletto sindaco del comune di Anzio il 10 giugno 2018 (al primo turno riportando 13.127 voti pari al 55,28% sostenuto dalla coalizione composta dalla Lega, Lista Civica, Forza Italia, Fratelli d’Italia, Unione Centro, Il popolo della Famiglia) avendo già ricoperto tale incarico per due mandati dal 1998 al 2008: in altre parole, negli ultimi 23 anni De Angelis ha guidato il comune di Anzio per 13 anni ed è tuttora in carica. “Occorre premettere”, scrive il gip Livio Sabatini, che un collaboratore “ha dichiarato che Candido De Angelis era stato eletto sindaco nella tornata elettorale del 2003 con il sostegno della famiglia Gallace”.

“Abbiamo vinto, ha sbancato proprio su tutti” – “In particolare, il giorno dopo la vittoria elettorale del 2018 vengono captate “tre conversazioni di eccezionale valore probatorio rivelatrici del sostegno offerto dalle famiglie calabresi in favore di De Angelis”, “concentrato nella località denominata Falasche, corrispondenti alle sezioni 15-16-17 del comune di Anzio”: “Ha sbancato proprio su tutti”; “Io so qui alle Falasche ancora. Da ieri che sto qua, stiamo spogliando l’ultimo seggio”; “Candido è il sindaco, ha vinto e basta!”. “Ieri sera abbiamo vinto le elezioni; sì sì, ha vinto Candido, al primo turno e io sto con lui, pure al mandato scorso, dopo fatti vedere, stavolta non c’è trippa per gatti”. De Angelis ha chiarito la propria posizione in una nota: “L’amministrazione comunale è serena rispetto alla correttezza del proprio operato, ha collaborato ampiamente per la riuscita delle operazioni svolte, in un clima di massima disponibilità, da parte del sottoscritto, del segretario generale e di tutti gli uffici dell’Ente. Confidiamo nel lavoro della magistratura, nell’assoluta consapevolezza di aver sempre esercitato liberamente il mandato elettorale conferito dai cittadini”.

“Solidi legami con esponenti politici e delle forze dell’ordine” – Le esigenze cautelari, scrive il gip, sono fondate alla luce di una “complessiva valutazione del contesto associativo criminale radicatosi nel territorio con la presenza di una locale di ‘ndrangheta di primissimo piano”, che vantava “solidi legami esistenti con taluni esponenti delle forze dell’ordine ed esponenti politici locali nonché con altri clan delinquenziali”, di “numerose evidenze comprovanti la disponibilità di canali con pubblici dipendenti infedeli per ottenere concrete, utili e specifiche notizie dei procedimenti coperti da segreto” nonché della “disponibilità di un impressionante numero di armi“. “L’intera indagine – prosegue il provvedimento – ha delineato il ruolo apicale ricoperto da Giacomo Madaffari, a capo del locale di ‘ndrangheta da molti anni e promotore dell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La disamina degli elementi probatori contenuti nei capi ascritti a Madaffari ha rivelato, da un lato, una formidabile capacità direttiva e di controllo del territorio e, dall’altra, l’abilità nell’evitare contatti diretti con i sodali”. Nel suo caso, scrive il gip, “la custodia in carcere è l’unica misura adeguata per il perseguimento di tutte le esigenze cautelari” e “indispensabile, in concreto, in ragione della caratura criminale dell’indagato”.

L’importazione di 258 kg di cocaina – Gli inquirenti hanno accertato che nella primavera del 2018, tramite un narcotrafficante colombiano, furono importati e immessi nel mercato del territorio del litorale 258 chilogrammi di cocaina. La sostanza venne nascosta nel carbone e poi estratta all’interno di un laboratorio allestito a sud della Capitale. Parte della droga, circa 15 chili, è stata trovata in una valigia che era stata nascosta nell’abitazione della sorella di uno degli appartenenti al gruppo criminale. Tra gli obiettivi della ‘ndrina anche quello di importare da Panama circa 500 chili di cocaina nascosti a bordo di un veliero che in origine veniva utilizzato per regate transoceaniche. L’operazione è però saltata quando gli arrestati sono venuti a conoscenza di indagini proprio nei loro confronti.

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