‘U dutturi comandava ancora. E ipotizzava addirittura di inviare una spedizione punitiva ai danni dell’ex ministro berlusconiano Mario Baccini. Torna agli arresti Giuseppe Guttadauro, detto “il dottore”, ex primario dell’ospedale Civico di Palermo, coinvolto in passato nell’inchiesta sulle talpe alla Dda in cui fu indagato – e poi condannato a sette anni per favoreggiamento alla mafia – l’ex presidente della Regione Totò Cuffaro. Guttadauro è stato arrestato dai carabinieri del Ros insieme al figlio Mario Carlo.

L’indagine nata dalla caccia a Messina Denaro – Già condannato due volte per mafia, Guttadauro è finito ai domiciliari di nuovo per associazione di tipo mafioso. A lui e al figlio viene contestata l’appartenenza alla famiglia di Cosa nostra di Palermo-Roccella (inserita nel mandamento di Brancaccio-Ciaculli) e l’intervento sulle più significative dinamiche del mandamento mafioso di Villabate- Bagheria. Nell’ambito della stessa indagine sono indagati, ma senza essere destinatari di provvedimenti cautelari, alcuni esponenti del clan di Roccella: in due sono accusati anche di lesioni aggravate. L’indagine nasce dalle operazioni di ricerca di Matteo Messina Denaro, coordinate dal procuratore aggiunto di Palermo Paolo Guido. Guttadauro, infatti, è il fratello di Filippo Guttadauro, cognato del boss latitante.

Il traffico di droga – Arrestato già il 22 maggio di vent’anni fa nell’operazione Ghiaccio, Guttadauro era tornato in libertà nel marzo del 2012 ed era andato a vivere a Roma. Secondo le accuse, però, aveva continuato a mantenere i contatti con i clan attraverso il figlio Mario Carlo, che avrebbe fatto da trait d’union con gli altri indagati. Nel corso dell’indagine è stato tra l’altro documentato l’intervento di Guttadauro per risolvere i contrasti che erano sorti a Palermo sull’esecuzione di lavori da realizzare in un’importante struttura industriale nella zona di Brancaccio. Le indagini hanno svelato anche il ruolo di Guttadauro nel traffico di stupefacenti. Il medico boss, infatti, aveva aperto un canale per l’acquisito della cocaina con il Sud America e con un albanese per il rifornimento di hashish. L’organizzazione avrebbe potuto contare su un assistente di volo, in rapporti con Guttadauro, che avrebbe dovuto trasportare 300mila euro in Brasile nel momento in cui il carico di droga dal Sud America fosse arrivato in Olanda. Nelle intercettazioni, infatti, gli indagati discutono di uno “scarico (di stupefacente ndr) a Rotterdam”. E dicevano: “Questi salgono 100 chili al mese. Allo scarico funziona così. Ci sono i doganieri, che prendono il 25 per cento”

La spedizione punitiva a Baccini – Dalle carte dell’inchiesta emerge anche come Guttadauro fosse entrato in contatto con personalità dei salotti capitolini. Dall’inchiesta emerge che aveva cercato di risolvere un contenzioso tra Beatrice Sciarra, moglie di un chirurgo docente alla Sapienza, e Unicredit. A incaricare il boss di risolvere il problema, secondo l’ordinanza firma dalla gip Claudia Rosini, era stata proprio Sciarra che vantava un credito di 16 milioni di euro con l’istituto di credito. In cambio del suo intervento il capomafia aveva pattuito per sé un compenso del 5% della somma che la donna avrebbe incassato. Guttadauro, emerge dalle intercettazioni, aveva fatto capire chiaramente che sarebbe passato, in caso di esito infruttuoso della sua mediazione, alla violenza, incaricando qualcuno di “dare legnate” a un soggetto che – secondo lui – impediva la transazione: a suo dire si trattava di Mario Baccini, ex parlamentare dell’Udc e già ministro della Funzione Pubblica nel governo di Silvio Berlusconi, tra il 2004 e il 2006. Le intercettazioni del boss sono eloquenti: “Ecco perchè ti dico, se poi a Baccini gli si devono rompere le corna per davvero, glieli rompiamo. Non è che è un problema”. Il boss progettava una spedizione punitiva che ovviamente non poteva portare a termine in prima persona: “A me – diceva intercettato – mi conoscono, ci deve andare uno che nemmeno conoscono, a me se mi fanno una fotografia, mi conosce mezzo mondo“.

Le intercettazioni col figlio: “Ti devi evolvere” – Dalle intercettazioni agli atti dell’inchiesta emergono pure le aspre critiche mosse da Guttadauro verso le nuove generazioni di mafiosi, innescate dalla notizia della collaborazione con la giustizia di Francesco Colletti, uomo d’onore che poi era diventato un collaboratore di giustizia. Guttadauro, nei suoi dialoghi, si diceva preoccupato per le rivelazioni di un altro pentito, Filippo Bisconti, e parlava dell’esigenza, rappresentata apertamente al figlio, di “evolversi” pur rimanendo ancorati ai principi di Cosa nostra. “Ti devi evolvere, hai capito? Il problema è rimanere con quella testa, ma l’evoluzione…”, diceva.. Il dottore dispensava anche consigli ai giovani boss: “Non puoi scendere a livello dei picciutteddi – diceva il maestro all’allievo – non va bene. Devi metterti a un livello diverso”.

L’indagine su Cuffaro – Il nome di Guttadauro aveva guadagnato notorietà quando era emerso nell’inchiesta sulle talpe alla Dda: è sua la voce che inguaiò l’allora governatore della Sicilia Cuffaro. L’inchiesta, coordinata dai pm della dda dell’epoca, Maurizio de Lucia e Michele Prestipino, svelò una rete di informatori che davano notizie riservate su indagini in corso tra l’altro all’imprenditore mafioso Michele Aiello e allo stesso Guttadauro. Il nome di Cuffaro emerse da una intercettazione effettuata a casa del boss di Brancaccio, poco prima che questi scoprisse l’esistenza di una microspia nella propria abitazione. E’ il 15 giugno 2001 e la cimice registra: “Ragiuni avia (ragione aveva, ndr) Totò Cuffaro”. La frase costituì lo spunto per gli accertamenti che svelarono che a riferire al boss l’esistenza di microfoni piazzati dai carabinieri del Ros nel suo appartamento era stato il medico Domenico Miceli, “delfino” di Cuffaro.

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