di Ilaria Muggianu Scano

L’ultima generazione docile verso l’insegnante è stata la generazione X, ad onta del ’68 continuava a permeare negli anni 90 un atteggiamento reverenziale. Con i Millennial la situazione inizia a mutare: il genitore vive un proficuo rapporto di complicità nei confronti del figlio e, conseguentemente, diviene più esigente rispetto all’insegnante, il suo giudizio non è più incontrovertibile.

L’ulteriore mutamento antropologico avviene con la Gen Z. Gli studenti sono divenuti più esigenti, probabilmente in risposta all’iper stimolazione intellettuale. “Cristallizzare l’eterno nel temporale”, per usare Charles Péguy, diviene una sfida progressivamente più turbinosa, certo stimolante ma pericolosamente logorante a giudicare dall’accorato appello di fine 2021 da parte di Anief-Confedir al ministro del Lavoro Giovannini: “È indispensabile includere anche gli insegnanti nel progetto di legge sulla pensione anticipata, attraverso la formula del “prestito d’onore”, essa non può lasciare fuori la categoria professionale dell’insegnante che oggi più di tante altre è a rischio burnout”.

Lo studio decennale Getzemani, dal titolo Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti, fa emergere dati allarmanti: la categoria degli insegnanti è quella che più conduce verso patologie psichiatriche e inabilità al lavoro. Svolgendo una professione altamente ripetitiva e alienante, essi sono sottoposti a diversi stress. Le ultime stime (2021), svolte su scala nazionale, indicano almeno 25 mila docenti sofferenti di patologie psichiatriche croniche, a cui vanno aggiunti ulteriori 80 mila che mostrano segni palesi di stanchezza e spesso di depressione.

Ma cosa ha fatto chi ce l’ha fatta? Talvolta la ricetta è inaspettatamente semplice, sebbene non per tutti. Basti pensare a quanti docenti non hanno represso le proprie passioni e che, attingendo dalla dimensione artistica privata, vivono la scuola unicamente come un ininterrotto dono di sé. Che l’antidoto anti burnout sia un’aurea alleanza tra arte e scuola?

In principio fu Roberto Vecchioni, docente di italiano, latino e greco per la Gen X, che dai banchi di scuola compone i più grandi successi, da Luci a San Siro in su. Più recentemente, per target Gen Z, Alessandro D’Avenia, insegnante di lettere, sostiene un perfetto equilibrio tra drammaturgia, testi televisivi di grande successo come Braccialetti rossi e letteratura attorno a Leopardi, con la quale vince la sfida di affascinare i giovanissimi al pessimismo cosmico del recanatese. Dal profondo Nord alle cosmopolite acque del Mediterraneo riscaldate dall’entusiasmo del cantautore Mario Luconi, ingegnere e insegnante di fisica e scienze integrate, promotore di uno tra i primi licei ambientali di nuova generazione in Italia, che attinge emozioni dalla musica e dalla scrittura e varca il limitare della soglia scolastica forte della propria realizzazione artistica.

Non mancano fulgidi esempi di creatività personale che danno sorprendenti frutti in cattedra anche in ambiente social, con la web star Sandro Marenco, TikToker da milioni di follower e insegnante di inglese e tedesco che con i suoi sketch curiosamente supera per numeri e seguito i più famosi allievi. Esempi meno noti sono stati nel tempo Andrea Camilleri, Sting, persino Enrico Ruggeri, persino un insospettabile Art Gurfunkel che con l’intramontabile The sound of silence rese orgogliose generazioni di allievi.

Billy Crystal che da insegnante di sostegno in una scuola del Long Island, ispirava le scene a vere storie scolastiche. Fino ad arrivare al più clamoroso caso di Gene Simmons, celeberrimo batterista dei Kiss, il quale, è vero, è rimasto immune al burnout ma ha subito pesantemente le conseguenze della sindrome di Procuste di colleghi e preside per il fatto di insegnare letteratura sostituendo, in una scuola secondaria di secondo grado di Harlem, i fumetti di Spider-Man alle opere di Shakespeare, sperando di ottenere maggiore attenzione e coinvolgimento da parte degli studenti.

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