Auto elettrica? Il cammino resta in salita dopo la Cop26 di Glasgow. Diversi costruttori e molti governi hanno deciso di non firmare la dichiarazione di intenti circa lo stop, datato 2040 (2035 per i mercati più ricchi), alla produzione delle vetture con motore endotermico in favore di quelle elettriche, a emissioni zero. Anche se il concetto di “emissioni zero” forse non fotografa per intero la realtà.

Ad eccezione di Volvo, Ford, GM, Mercedes-Benz, la cinese BYD e Jaguar Land Rover, gli unici ad aver messo nero su bianco i loro intenti al 2040, tutti gli altri fabbricanti di auto non ne hanno voluto sapere di impegnarsi ad abbandonare bielle e pistoni. Un dato che potrebbe sorprendere i non addetti ai lavori – probabilmente disorientati dal fatto che tutti i costruttori, su carta, promuovano l’elettrificazione urbi et orbi – ma che, al contempo, rende “ufficiali” gli scetticismi delle Case circa le vetture a batteria, gli stessi che serpeggiano da anni dietro le quinte dell’industria dell’auto, costretta a una rivoluzione a cui non crede ancora pienamente e i cui benefici ambientali restano da dimostrare.

Tra i più convinti firmatari dell’accordo c’è Ford, il cui numero uno della filiale europea Stuart Rowley, ha affermato che “L’elettrificazione rappresenta la trasformazione più vasta del nostro settore in oltre 100 anni e in Ford Europa lavoriamo con l’ambizione di creare un futuro completamente elettrico redditizio in modo sostenibile. Lo stiamo facendo sia con i veicoli passeggeri che con i veicoli commerciali”.

Gli ha fatto eco l’amministratore delegato di Volvo Cars Håkan Samuelsson: “Il nostro piano per diventare un produttore di veicoli completamente elettrici entro il 2030 è uno dei più ambiziosi del settore, ma non possiamo raggiungere da soli il trasporto a emissioni zero. Il tempo per l’azione per il clima è adesso”.

Più numeroso, come detto, il fronte del no. E se quello della Toyota è molto coerente con le note posizioni del costruttore – che non ha mai fatto mistero di non ritenere l’automobile elettrica come sola e unica soluzione tecnologica per la decarbonizzazione della mobilità –, lo sono meno quelli di giganti del calibro di Volkswagen, Stellantis, BMW, Renault, Nissan, Honda e Hyundai, che stanno tutti investendo miliardi nell’auto a batteria. Per i costruttori il problema risiede, più specificamente, nelle diverse velocità di sviluppo dei vari mercati – leggi, capacità di assorbimento del prodotto – e, dal punto di vista del beneficio ambientale, sulla mancata adesione della Cina – Paese in cui dove viene fabbricata la maggior parte delle batterie – a mettere al bando il carbone per la produzione di energia elettrica.

“Dove esistono l’energia e l’infrastruttura per la ricarica, le condizioni economiche e la disponibilità del cliente, siamo pronti ad accelerare e a sostenere la transizione con veicoli a emissioni zero appropriati”, ha affermato un portavoce della Toyota alla Reuters: “Tuttavia, in molte aree del mondo, come l’Asia, l’Africa, il Medio Oriente, non c’è ancora un contesto operativo adatto a promuovere il trasporto a zero emissioni allo scarico. Pensiamo che ci vorrà più tempo per fare progressi. Quindi, è difficile per noi impegnarci ora nella dichiarazione congiunta” presentata a Glasgow.

L’amministratore delegato del gruppo Volkswagen, Herbert Diess, sostiene che nel 2035 in America Latina si potrebbero usare i carburanti sintetici come alternativa credibile all’elettrico e che abbandonare completamente i motori a scoppio entro il 2030 non sia tecnicamente possibile. Il problema risiederebbe pure nella reperibilità delle materie prime per costruire gli accumulatori e nella difficoltà di aprire nuove miniere per l’estrazione delle stesse. “Questo è il motivo per cui credo che gli obiettivi dell’Unione europea (cioè lo stop alle endotermiche nel 2035, ndr) siano già di per sé estremamente ambiziosi. Non credo che possiamo imprimere un colpo di acceleratore”, ha aggiunto Diess.

Ancora più diretto il numero uno di gruppo BMW, Oliver Zipse: “Non abbiamo firmato l’accordo e non intendiamo farlo, perché, nelle attuali condizioni, sarà dannoso per il clima. C’è troppa miopia e non posso far altro che mettere fortemente in guardia contro di essa”. Zipse, poi, ha messo in evidenza come il mix energetico di molti Paesi e le relative infrastrutture non siano compatibili con uno stop tout court alle auto termiche o ibride. Perché in molti Paesi l’elettricità non sarà abbastanza pulita e le reti di ricarica non adeguate. Ecco perché BMW, accanto a quello delle elettriche, continuerà a sviluppare veicoli a benzina, diesel e ibridi: “Anche in futuro i motori a combustione dovranno contribuire alla protezione del clima”.

Tuttavia, i dubbi non sono solo quelli dei costruttori: a fare spallucce alla suddetta dichiarazione di intenti sono stati anche Cina, Stati Uniti – i principali mercati automobilistici del mondo – e la Germania, cuore dell’automobile “made in Europe” (inoltre a Berlino credono molto, guarda caso, nello sviluppo dei carburanti sintetici). E l’Italia? “Dobbiamo affrontare la transizione ecologica con un approccio tecnologicamente neutrale: decarbonizzazione non può diventare sinonimo di elettrico”, ha spiegato il ministro dello Sviluppo Giancarlo Giorgetti al Corriere della Sera: “Così facciamo diventare ideologico un percorso che invece deve essere razionale. Tutti vogliamo combattere l’inquinamento, vivere in un mondo più sano e compatibile con l’ambiente e per questo non possiamo bocciare altre strade in modo pregiudiziale. Devono proseguire ricerca e studio su altri combustibili non fossili, sui quali le nostre imprese stanno facendo investimenti importanti: non possono essere esclusi a priori”. Una posizione che in definitiva finisce per sposare anche il Giappone, fra i maggiori produttori di auto del globo.

Nondimeno, i costruttori sono preoccupati pure dal fatto che i governi possano non rispettare gli impegni per l’ampliamento repentino dell’infrastruttura di ricarica, complicando l’equazione di business. Fermo restando che l’impegno delle Case automobilistiche per elettrificare e decarbonizzare anche in vista della definizione delle severe normative Euro 7 – non è affatto in dubbio, anzi: secondo un’analisi della Reuters, i costruttori hanno in programma, fino al 2030, investimenti su veicoli elettrici e batterie per oltre 445 miliardi di euro, quasi il doppio rispetto a quanto calcolato da un’inchiesta simile appena tre anni fa. Ma ciò, a quanto se ne desume dall’esito della Cop26, a patto di avere infrastrutture adeguate e un mercato ricettivo.

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