Una multa come alibi di ferro per sfuggire all’accusa di aver ucciso Michele Walter Rafaschieri, 24 anni. Per il rampollo criminale di Bari, Giovanni Palermiti, il finto verbale per infrazione al codice della strada era un asso nella manica, la dimostrazione della sua estraneità a quell’agguato che il 28 settembre 2018 costò la vita al 24enne e ferì gravemente il fratello maggiore al punto da paralizzarlo a vita. E per farlo, Palermiti, figlio del capo clan Eugenio Palermiti, ha potuto contare, secondo l’accusa della Direzione distrettuale antimafia di Bari, sul contributo decisivo di Domenico D’Arcangelo, comandante dei vigili urbani di Sammichele di Bari: entrambi sono finiti in carcere insieme ad altre sette persone indagate a vario titolo di reati collegati all’esecuzione mafiosa di Rafaschieri.

Secondo quanto ricostruito dagli agenti della Squadra mobile di Bari, guidata dal dirigente Filippo Portoghese, Palermiti poco dopo il delitto avrebbe chiesto e ottenuto da D’Arcangelo la redazione di un finto verbale per sfuggire alle accuse dimostrando di essere, nel momento dell’agguato, a diversi chilometri di distanza dal luogo del delitto, maturato alla periferia di Bari nel quadro di una battaglia per lo spaccio nel quartiere Madonnella. I poliziotti, però, sono riusciti a dimostrare che in realtà quel verbale sarebbe stato redatto nei giorni successivi all’omicidio da una vigilessa su ordine del comandante D’Arcangelo, che ora deve difendersi dalle accuse di corruzione e falso con aggravante mafiosa. La donna, quando i poliziotti l’hanno interrogata, ha dapprima inanellato una serie di “non ricordo” salvo poi confessare tutto e spiegare che oltre all’ordine di compilare quel verbale, il comandante le avrebbe chiesto di ripetere ai poliziotti che non aveva memoria dei dettagli della vicenda.

Quando si è però resa conto della gravità dei fatti, la vigilessa ha svelato tutti i dettagli della vicenda. I poliziotti, però, aveva già raccolto una serie di elementi che dimostrava la verità dei fatti e in particolare anche una serie di intercettazioni tra la vigilessa e il suo comandante durante la quale quest’ultimo di fronte alla paura della donna, le ripeteva “stai tranquilla, qualunque cosa… tendono sempre a dire… a dire le puttanate…” e aggiungendo che gli inquirenti in realtà non avessero in mano alcuna prova contro Palermiti altrimenti avrebbero “già fatto”. Il lavoro silenzioso degli inquirenti, però, ha permesso di delineare un quadro particolarmente compromettente nei confronti non solo di Palermiti, ma anche di D’Arcangelo: stando alle dichiarazioni dell’uomo che li avrebbe messi in contatto, l’esponente del clan inviò a D’Arcangelo, come forma di ringraziamento, un iPhone X del valore di 800 euro e nella confezione, secondo l’uomo, erano presente anche del denaro. “Il D’Arcangelo – scrive nella sua ordinanza il gip Francesco Mattiace – aveva aderito alla richiesta del Palermiti il quale gli aveva mandato un iPhone all’interno della cui confezione c’erano dei soldi: il prezzo della corruzione del D’arcangelo”.

Le indagini, inoltre, hanno accertato che già nel 2012 D’Arcangelo fu indicato da un collaboratore di giustizia come “uomo a disposizione” del clan: anche per questo nei suoi confronti il magistrato ha disposto la detenzione in carcere visto che “stava consentendo ad un soggetto apicale del clan, Gianni Palermiti, di andare esente da responsabilità per un fatto delittuoso gravissimo”. Nel corso della conferenza stampa, il procuratore aggiunto di Bari Francesco Giannella, coordinatore della Dda, ha parlato di “profonda amarezza” spiegando che “purtroppo siamo abituati a trattare la materia della criminalità organizzata assumendo l’idea, un po’ romantica, che da una parte ci sono i buoni e dall’altra i cattivi” mentre “continuamente ci stiamo rendendo conto che non è così” e “l’infiltrazione della criminalità nel tessuto sociale e istituzionale è inaccettabile”. Il lavoro incessante che sta facendo la Procura – ha spiegato invece il procuratore Roberto Rossi – è “quello di capire quali sono le zone grigie che si creano attorno alla criminalità organizzata. Qui abbiamo una situazione molto grave, si è accertata un’azione di copertura da parte di un comandante di Polizia municipale successiva all’attività criminale, a un omicidio di criminalità organizzata. Questo indica che questa zona grigia c’è”.

La foto del comandante è estratta dal canale Youtube Sammichele News

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