di Gilda Ripamonti, giurista, Elena Dragagna, avvocato, Sara Gandini, epidemiologa biostatistica

Il d.l. 111/2021 prevede che la riapertura della scuola sia per tutta Italia al 100% – per le università “prioritariamente” – in presenza.

Tra le misure minime di sicurezza (art.1.2), uso delle mascherine e raccomandazione, non obbligo, del distanziamento, salvo che non lo si possa assicurare per problemi strutturali della scuola – norma che impedisce di limitare la frequenza a scuola sulla sola base della mancanza del metro di distanza e che rispecchia quanto espresso dal CTS (verbale n. 34 del 12/7/2021).

L’art.1.1 del decreto legge evidenzia il valore socio-comunitario della scuola e l’importanza dello sviluppo armonico degli studenti; tale scopo viene ridimensionato dall’art.1.3 secondo cui “protocolli e linee guida” possono derogare alla regola della mascherina “per le classi composte da studenti che abbiano tutti completato il ciclo vaccinale o abbiano un certificato di guarigione in corso di validità” (non comprendendo chi sia esentato dalla vaccinazione). Si induce così una forte pressione alla vaccinazione (snaturando il consenso “libero e informato”, l. 219/2017) e si favorisce l’emarginazione degli studenti non vaccinati, come paventato dall’ANP (Associazione Nazionale Presidi).

Come potrebbe sentirsi un piccolo gruppo di studenti (addirittura un solo studente) non vaccinato, schiacciato dal senso di colpa o magari anche bullizzato?

Si profilano inoltre profili inerenti la privacy che dovranno essere oggetto di concertazione con il Garante, considerando che per i ragazzi fino alla secondaria di secondo grado non vi è l’obbligo di green pass per l’accesso a scuola, con relativo QR code leggibile in modo anonimo. Ma anche qualora venissero adottate misure per non rendere pubblico lo stato vaccinale, il condizionamento sociale inteso a individuare chi impedisca alla classe di toglier le mascherine rappresenta una forma pericolosa di pressione psicologica specie in un’età in cui il giovane è particolarmente influenzabile e cerca il riconoscimento della comunità.

Resta un’amara riflessione: ciò che potrebbe essere un beneficio – togliere la mascherina – diventa uno strumento divisivo.

Il d.l.111/2021 ha poi ulteriormente vanificato gli scopi dell’articolo 1.1, estendendo l’obbligo di green pass per le attività in presenza degli studenti universitari, con una disposizione che si profila come discriminatoria. Il diritto – innato per ogni giovane – ad una scuola inclusiva, ad uno sviluppo sereno, alla vita universitaria in presenza viene oggi subordinato a una certificazione Covid, ed escluso quindi per gli studenti non vaccinati (che possono dotarsi di tamponi ogni 48 ore, certo, ma anche il tampone costituisce pur sempre un trattamento sanitario sul corpo, e comunque è servizio a pagamento). I vaccinati, senza alcuna verifica sulla loro eventuale (e possibile) positività possono accedere a determinati servizi, i non vaccinati no, assumendo che questi ultimi siano “contaminati” e come tali vadano esclusi. Viene così colpita una categoria di ragazzi (giovani particolarmente vulnerabili e bisognevoli di tutela) per via di una libera e legittima scelta, quella di vaccinarsi o non vaccinarsi, garantita dalla Costituzione (art.32 c.2).

La disposizione risulta contraddittoria rispetto ai principi costituzionali, alla Risoluzione del Consiglio d’Europa (n.2361 del 27/1/2021) che invita gli Stati membri ad assicurare una scelta libera sui vaccini contro la Covid-19, e ai principi dei Regolamenti UE 953 e 954/2021 che, pur occupandosi dell’utilizzo del “certificato digitale Covid-19” (come viene definito il pass europeo) per gli spostamenti tra i Paesi dell’Unione, ribadiscono – ad es. al punto 11 del Reg. 954 – che “Esso (il certificato digitale Covid19, ndr) non dovrebbe essere inteso come un’agevolazione o un incentivo all’adozione di restrizioni alla libera circolazione o di restrizioni ad altri diritti fondamentali”.

Infine, un’ultima norma che desta preoccupazione e sembra vanificare la consapevolezza dell’importanza della scuola in presenza è l’art. 1.4 del d.l. che demanda, “Fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza…”, ai Presidenti delle Regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e ai Sindaci, in zona rossa o arancione, di derogare alla scuola in presenza al 100%, in ipotesi consentendo loro pure di chiudere le scuole, poiché non indica una percentuale minima di scuola da fare obbligatoriamente in presenza, come stabiliva il d.l.52 del 22/4/2021, che prevedeva la frequenza almeno al 50% anche in zona rossa su tutto il territorio nazionale e per tutti i cicli di scuola. A nostro avviso questa disposizione è come un ordigno a tempo che occorre fin da subito iniziare a disinnescare.

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