“Forse non sono stato chiaro, la legge è uguale per tutti, chi non ha la videochiamata accesa è assente e deve abbandonare la piattaforma. Io non posso sapere se lei attualmente si trova in un bar o realmente a casa”. A pronunciare queste parole sarebbe stato Gaetano Pesce, dirigente scolastico del liceo “Diaz” di Ottaviano, in provincia di Napoli. Un richiamo giustificato se non fosse che a riceverlo è stata una ragazza 17enne affetta da leucemia acuta che ha scelto di non attivare la telecamera per non mostrare il suo fisico colpito dalle cure che stava affrontando.

Un intervento, quello del preside, che non è stato per nulla compreso dalla ragazza e dalla sua famiglia che il 9 marzo scorso, attraverso l’avvocato Maria Spina, hanno presentato un esposto al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi e alla dirigente dell’ufficio scolastico regionale Luisa Franzese, per chiedere che vengano presi provvedimenti disciplinari nei confronti di Pesce.

La vicenda risale al 23 febbraio scorso. Allora la ragazzina, che frequenta il quarto anno del liceo, aveva già saputo della malattia dopo il ricovero a gennaio all’ospedale “Pausilipon”. I medici erano intervenuti con le cure chemioterapiche e il prelievo del midollo.

Una situazione di salute ma anche psicologica non facile per la quale la famiglia aveva informato con una comunicazione datata 30 gennaio 20021 la coordinatrice di classe e il preside. Nonostante la malattia, però, la studentessa ha continuato a collegarsi con la classe, evitando però di mostrarsi “per preservare – cita l’esposto – il proprio diritto di salute”.

A interrompere questa prassi a fine febbraio, durante una lezione di educazione fisica a distanza, ci ha pensato il dirigente. Quel giorno Pesce – secondo quanto riportato nell’esposto – è intervenuto per “visionare che tutti gli alunni avessero la telecamera accesa”. Quando si è accorto che una di loro non mostrava il volto, “nonostante il professore giustificava l’alunna ricordando al dirigente del serio problema di salute” , ha aggiunto: “Ancor più nel suo caso, se una persona è malata, non deve seguire, quindi abbandoni immediatamente la chiamata”.

Inutili le spiegazioni della ragazza: “Il professor Pesce – riporta l’avvocato – insisteva con protervia e disumano distacco e continuava a richiamare la ragazza con toni bruschi e violenti”. Parole che hanno ferito profondamente la giovane che è caduta in uno stato di depressione al punto da convincere la famiglia a rivolgersi ad un legale, per “l’insensibilità mostrata nell’affrontare la delicata situazione” e “per abuso di potere nell’ambito del proprio ufficio”.

Una ricostruzione, quella fatta da Maria Spina, che è stata respinta dal capo dell’istituto. Pesce, contattato dal Fatto Quotidiano.it, non ha avuto problemi a tornare sull’episodio aggiungendo dei particolari: “Di interventi come quello eseguito quel giorno ne faccio spesso perché dobbiamo accertare la presenza dei ragazzi. Va precisato che non mi sono rivolto alla ragazza ma a tutti. In quell’istante non conoscendo la situazione della ragazza, l’ho richiamata al suo dovere. Nulla di più. Non è vero che il professore mi avesse informato in quel momento. Tant’è che quando ho avuto contezza della questione salute dell’alunna ho parlato con la madre e con la ragazza stessa ribadendo loro che, previo accordo con i docenti, poteva naturalmente tenere la telecamera spenta”.

Nulla di più che un equivoco dettato forse dalla confusione che genera la didattica a distanza e le tante comunicazioni di malattia che ricevono i presidi. Una giustificazione che la legale della ragazza non accetta per nulla: “Il preside doveva sapere. La famiglia lo ha informato. Il fatto che forse non abbia letto quella comunicazione è un’inadempienza e in ogni caso non doveva infierire così tanto sulla mia assistita che persino di fronte alle parole di Pesce gli ha spiegato i motivi della sua telecamera spenta”.

Per l’avvocato non ci sono scusanti: “Non mi risulta che il preside abbia formulato delle pubbliche scuse alla famiglia e in ogni caso chiediamo che vengano presi provvedimenti disciplinari da chi di dovere”. Intanto, la dirigente dell’Ufficio scolastico territoriale Luisa Franzese, contattata dal fatto.it, solleva un caso: “Io non ho ricevuto l’esposto di cui parla. Se poi è arrivato a un altro ufficio non so: lunedì verificherò al protocollo”. Nulla di più assurdo secondo l’avvocato Spina: “Abbiamo inviato una pec e ho l’avviso di avvenuta consegna. Impossibile che non l’abbia visto”.

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