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Coronavirus, Filippone esce dal carcere e va ai domiciliari per evitare il contagio. È imputato nel processo ‘Ndragheta stragista

La Corte d’appello di Reggio Calabria ha accolto la richiesta di Rocco Santo Filippone, 72 anni, ritenuto il boss della 'ndrangheta di Melicucco. Il detenuto è affetto da patologie cardio-vascolari gravi, come attestato anche dai sanitari del carcere torinese "Le Vallette" in cui si trovava
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La Corte d’appello di Reggio Calabria ha concesso gli arresti domiciliari a Rocco Santo Filippone, 72 anni, ritenuto il boss della ‘ndrangheta di Melicucco, centro della Piana di Gioia Tauro, e imputato nel processo ‘Ndrangheta stragista insieme al boss di Brancaccio Giuseppe Graviano. Filippone dunque esce dal carcere torinese “Le Vallette”: i giudici hanno accolto la sua richiesta per motivi di salute per evitare di contrarre il coronavirus.

Il provvedimento, in vigore fino alla fine dell’emergenza Covid – fanno sapere i legali Guido Contestabile e Angelo Sorace – si è reso necessario per le “condizioni particolarmente a rischio” di Filippone che risulta affetto da patologie cardio-vascolari gravi, come attestato anche dai sanitari del carcere torinese.

Filippone, uomo di fiducia del clan Piromalli, è imputato in Corte d’Assise a Reggio Calabria nel processo ‘Ndrangheta stragista con l’ex capo del mandamento di Brancaccio di Palermo Graviano, a seguito di una indagine sui rapporti ‘Ndrangheta-Cosa Nostra. Nel processo si ipotizza che Filippone e Graviano siano i mandanti dell’omicidio dei carabinieri Fava e Garofalo, avvenuto nel gennaio 1994 vicino allo svincolo di Scilla sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria. L’assassinio, secondo l’ipotesi accusatoria, rientrerebbe nella strategia di attacco e ricatto allo Stato da parte della mafia e della ‘ndrangheta, che in qual frangente si sarebbero alleate.

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