“La ‘tassa’ inserisce perfettamente l’Italia nella roadmap dell’Unione europea – concordano Ciafani e Favoino – La direttiva approvata a marzo, infatti, dice che gli Stati membri possono utilizzare la leva fiscale per arginare il problema”. Ma soprattutto fa dell’Italia un modello per altre nazioni, secondo il coordinatore scientifico di Zero Waste. Sono pochi infatti, finora, i Paesi con misure ad hoc: in Finlandia e Norvegia paga chi non riutilizza o ricicla, in Danimarca c’è la tassa verde e il vuoto a rendere e in Germania vige da anni il sistema del deposito su cauzione. Favoino ricorda anche il ruolo trainante dell’Unione europea ai tavoli mondiali sull’ambiente. “Faccio l’esempio dei prodotti di consumo immessi sul mercato dalle grandi aziende, come Unilever, Coca Cola, Nestlè. In Europa si adeguano alle normative, ma non lo fanno in altri mercati – spiega – Per esempio in quello asiatico sponsorizzano delle confezioni, monouso e monoporzione, fatte appositamente per essere disperse. Con un grave problema per l’ambiente”. Il ruolo di Bruxelles e di Roma in questo contesto è quindi centrale “per ispirare misure analoghe nel mondo”.
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