Sette arresti, cinque in carcere e due ai domiciliari, e 20 perquisizioni tra le province di Verona, Venezia, Vicenza, Treviso, Ancona, Genova e Crotone. L’operazione del Ros contro la ‘ndrangheta ha documentato, per la prima volta in Veneto, l’operatività di un gruppo “in raccordo con imprenditori locali”. Il blitz, contro la famiglia Multari, è l’epilogo dell’inchiesta iniziata nel 2017 dalla Dda di Venezia, che ha permesso di ricostruire le azioni di un gruppo familiare trasferitosi nel veronese da oltre 30 anni. I reati, contestati a vario titolo, sono estorsione, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato, trasferimento fraudolento di valori, resistenza a pubblico ufficiale, incendio, minaccia, tentata frode processuale, commessi con modalità mafiose.

Secondo gli inquirenti è la famiglia cutrese dei Multari, legata alla cosca di Grande Aracri Nicolino e composta dai fratelli Domenico, Carmine e Fortunato, nonché da Antonio e Alberto, figli di Domenico, è da anni responsabile reati commessi, con la complicità di soggetti residenti nelle province di Crotone e Venezia, con l’aggravante del “metodo mafioso”. Tra questi le estorsioni contro alcuni imprenditori Veneti e l’incendio di uno yacht 2015 mentre si trovava ormeggiato nel porto di Alghero.

Stando alle indagini benché Domenico Multari avesse subito la misura di prevenzione con il sequestro dei beni, era riuscito a impedirne la vendita all’asta con contratti simulati di vendita a prestanomi: nel mirino sarebbero finiti anche i pubblici ufficiali che, in più occasioni, andavano a casa dei Multari, per le quali era stata stabilita la vendita all’asta da parte del Tribunale Civile di Verona, nel tentativo di far desistere eventuali parti interessate all’acquisto degli immobili dopo averli visionati, con la conseguenza che le aste andavano deserte e gli immobili acquistati a prezzi estremamente vantaggiosi dai prestanome. I carabinieri hanno anche documentato imprenditori e comuni cittadini, pienamente consapevoli dello spessore criminale si rivolgevano alla famiglia per risolvere ogni tipo di problematica economica e privata, preferendolo agli apparati statali.

“Gli arresti di oggi sono la dimostrazione che la mano della ‘ndrangheta non allenta la presa sul Veneto- dice  Francesca Rispoli dell’ufficio presidenza di Libera – L’esistenza di soggetti ‘ndranghetisti era già stata evidenziata nel recente passato, con gli arresti avvenuti in Veneto nell’ambito dell’operazione ‘Aemilia’, diretta dalla Dda di Bologna. Una presenza che sta inquinando e soffocando area del Nord Est, considerato è uno dei principali motori di sviluppo del Paese. Prenderne subito coscienza significa agire in tempo”. Per Rispoli è necessario “attivare immediatamente quegli anticorpi sociali e culturali di cui questa terra è certamente capace”. Seconda la recente ricerca di Libera in Veneto su un campione di 939 questionari “per quasi la metà dei rispondenti veneti (45,3%) la presenza della mafia nella propria zona è marginale. E per questo motivo Libera ha scelto Padova come piazza principale del prossimo 21 marzo la XXIV Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Libera ha scelto Padova – conclude – per stare vicino a chi, nel Nordest, non si rassegna alla violenza mafiosa, alla corruzione e agli abusi di potere, ma per valorizzare l’opera di tante realtà, laiche e cattoliche, istituzionali e associative, impegnate in quella terra difficile ma generosa per il bene comune, per la dignità e la libertà delle persone“.

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