Tra le macerie del ponte Morandi è stato trovato – forse – il reperto chiave. È il numero 132, il residuo più grosso di quel tirante che il 14 agosto ha ceduto provocando il collasso della struttura. Si tratta dell’unico spezzone rinvenuto in buono stato, con la copertura in cemento rimasta integra: gli altri si sono sbriciolati nel crollo. Lo strallo, come si chiama in linguaggio tecnico, è formato da una guaina in calcestruzzo e un nucleo fatto di cavi d’acciaio: e proprio quei cavi, nel corso dell’incidente probatorio, sono stati trovati “in avanzato stato di corrosione“. La scoperta è stata messa nero su bianco nella relazione tecnica che verrà consegnata ai pubblici ministeri Walter Cotugno e Massimo Terrile.

Il reperto si trova sotto sequestro, insieme a tutti gli altri, in un capannone nelle vicinanze dei monconi del ponte. Per preservarne le condizioni sarà inviato in un centro specializzato di Zurigo, dove sarà eseguita la perizia tecnica. Nella città svizzera lavora infatti uno dei periti nominati dal gip, Bernhard Elsenser, professore associato di Tecnologia dei materiali esperto in corrosione dei metalli. Gli altri due sono Giampaolo Rosati, ordinario di Tecnica delle costruzioni al Politecnico di Milano, e Massimo Los, ordinario di Costruzioni  stradali all’università di Pisa.

Nel deposito dove sono raccolte le macerie del ponte è arrivato oggi il procuratore capo di Genova, Francesco Cozzi. “Questo reperto è uno dei più grossi”, ha commentato, “e potrebbe essere fondamentale per permetterci di risalire alle cause del disastro”. Al trasferimento del reperto in Svizzera si sono opposti difensori e consulenti di alcuni degli indagati, preoccupati per la difficoltà di seguire in loco gli accertamenti tecnici.

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