Era l’uomo dei clan nel settore dei giochi e delle scommesse, un business a cui la mafia da tempo ha rivolto le sue attenzioni. Soldi sicuri, almeno un milione di euro al mese, e una “lavatrice” usata per ripulire il denaro sporco. Benedetto Bacchi, tra i maggiori imprenditori italiani nel settore, è il personaggio chiave dell’inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato all’arresto di 31 persone. Bacchi, che in Cosa nostra chiamavano Ninì, è finito in cella con le accuse di concorso in associazione mafiosa e riciclaggio del denaro dei clan. Dalle indagini è emerso un vero e proprio ‘contratto’ tra le famiglie palermitane e l’imprenditore era riuscito a monopolizzare il settore con l’appoggio delle cosche, potendo contare su oltre 700 agenzie di scommesse.

Il suo ruolo è stato ricostruito dall’indagine della polizia, coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvo De Luca e dai pm Roberto Tartaglia, Annamaria Picozzi e Amelia Luise. Insieme a Bacchi sono finiti in manette altre 30 persone accusate di mafia, riciclaggio, traffico di droga. In carcere è finito anche Francesco Nania, socio occulto di Bacchi e capo della famiglia mafiosa di Partinico, che, grazie alla complicità di Michele De Vivo, insospettabile commercialista campano che fungeva da prestanome, era riuscito a creare un fiorente mercato di import-export di prodotti alimentari con gli Stati Uniti: “Questo minchia di pomodoro deve arrivare fino a Obama”, diceva Nania al commercialista mentre era intercettato.

La rete di agenzie di scommesse abusive di Bacchi, stando alle indagini, era capace di generare guadagni quantificati in oltre un milione di euro al mese. Parte delle somme, tra i 300 e gli 800 mila euro l’anno, veniva poi distribuita tra le varie famiglie mafiose di Palermo. L’inchiesta ha anche in parte ricostruito la movimentazione degli enormi flussi di denaro provenienti dal gioco illecito. Nel corso del blitz sono stati sequestrati beni immobili, società e conti correnti bancari e sono inoltre state chiuse e sequestrate 40 agenzie di scommesse attive in tutta Italia.

“Nania – ha spiegato il procuratore Lo Voi – aveva avviato una attività di import export di alimentari. Bacchi, attraverso prestanomi si mette a studiare come reinvestire: compra terreni, immobili, finanziamenti imprese edilizie, imprese legate alle energie rinnovabili, ipotizza anche l’acquisto di testate giornalistiche: prima il Giornale di Sicilia, poi Livesicilia, ritenuto, si sente nelle intercettazioni, più cool”.  Nessuna delle due iniziative va a compimento. Dall’inchiesta viene fuori che ci sarebbero stati contatti con livesicilia l’anno scorso. “Chi in Livesicilia ha avuto contatti con Bacchi- spiega Lo Voi – non è coinvolto nelle indagini e non ha avuto alcun rapporto con la mafia“.

Dall’indagine emerge anche che Bacchi operava senza concessioni violando la normativa europea ed italiana sui giochi e le scommesse e incassava denaro contante, contrariamente a quanto prevede la legge che impone pagamenti elettronici e vieta i cash. Scoperta anche una colossale elusione fiscale. Copia dell’ordinanza di custodia cautelare a carico di Bacchi sarà trasmessa ai Monopoli e dogane e all’agenzia delle entrate. Bacchi dichiarava redditi risibili. Nel 2015 ha sostenuto di aver guadagnato 150mila euro lordi, mentre secondo gli inquirenti ne ricavava almeno un milione al mese. Tanto denaro investito anche in una villa di proprietà dell’ex calciatore del Palermo Giovanni Tedesco.  Comprata per 500mila euro, il giorno Bacchi dopo l’aveva messa in vendita per un milione e 300mila euro: ora è stata sequestrata.

Dell’imprenditore milionario – che ha nominato come avvocato Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo – parlano da tempo diversi pentiti e il suo nome spunta anche nell’ultima indagine della Antimafia siciliana contro il mandamento di San Lorenzo-Resuttana. “Una parte di Cosa nostra – disse il procuratore aggiunto De Luca dopo quell’inchiesta – è convinta che non sia più tempo per le estorsioni. Troppi rischi”. Meglio puntare tutto sul gioco e le scommesse che “sono sempre stati materia di interesse per le cosche, ma negli ultimi tempi”, spiegano gli inquirenti, “l’organizzazione ha avviato un progetto più strutturato”. Per questo le cosche avevano deciso di puntare sull’imprenditore di Partinico, coinvolto anche in una inchiesta della Procura di Reggio Calabria che ha svelato come pure le ‘ndrine avessero trasformato il mondo delle scommesse e dei giochi online nel motore del riciclaggio.

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