Tor Bella Monaca è uno dei quartieri periferici più difficili di Roma. Situato nella periferia est, fuori dal Grande Raccordo Anulare, è il centro dello spaccio e del traffico di droga della Capitale. Un labirinto di blocchi di cemento anni Ottanta, dove non c’è neanche un cinema e la scuola è l’unico baluardo di legalità. Un esempio virtuoso arriva dall’Istituto comprensivo di via San Biagio Platani. La professoressa di Lettere, Patrizia Belmonte, si è inventata un metodo contro il bullismo: ai suoi studenti, che frequentano la secondaria di primo grado, da due anni a questa parte chiede di indossare una divisa composta da camicia bianca e cravatta, di colore diverso per ogni classe, rossa, blu, nera e gialla. Come in un college privato. “Si sono presentati così anche per l’esame di licenza media. Abbiamo ricevuto i complimenti dal presidente della commissione”, ricorda l’insegnante. Le cravatte, ci racconta lontano dalla telecamera, le ha procurate lei per pochi euro in un negozio gestito da cinesi. “All’inizio gli altri ci prendevano in giro, ora si sono abituati a vederci vestiti così. Noi ci sentiamo più uniti e abbiamo capito come si sente un ragazzo quando viene attaccato”, dicono i ragazzi. Non è finita qui. La professoressa ha iniziato un progetto di educazione dei sentimenti che prevede ogni mattina l’appello emotivo. Dopo aver verificato la presenza dell’alunno gli chiede di dare un punteggio al suo stato d’animo e di giustificarlo. Infine, per far assimilare i concetti di storia e letteratura invita i ragazzi a calarsi nei panni dei personaggi dei libri e di rispondere all’interrogazione come se fossero Shakespeare, Napoleone o Churchill. La scuola San Biagio Platani ci insegna che nonostante i tagli, le aule fatiscenti e il disagio economico in periferia il riscatto è possibile

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