Scrivo ancora una volta di quel che accade in Sicilia. E’ uno scrivere controvoglia, ma tant’è. Nell’Isola si assiste ancora una volta al palesarsi di un teatro, una mascariata da opera dei pupi. Partiamo dall’annuncio fatto dal Presidente dell’Antimafia Rosy Bindi la quale rende noto che la Commissione si occuperà di quella che da qualche tempo ho definito “antimafia di carta”. Può sembrare paradossale che la Commissione di inchiesta sul fenomeno mafioso si debba occupare dell’antimafia. Eppure non vi è nulla di meno paradossale.

Negli anni scorsi si è creato un fenomeno singolare. Alcuni imprenditori hanno deciso di alzare la bandiera della legalità contro il racket. Non era difficile capire che dietro il rullo dei tamburi, gli statuti, le parole tonanti nei convegni, dove questi campioni della legalità venivano portati come madonne pellegrine vi era il vuoto assoluto. Adesso le inchieste della magistratura, come quella che coinvolge Antonello Montante ci dicono che forse c’era anche altro. Prima erano saltati fuori rapporti poco edificanti con imprenditori discutibili, poi le scelte, anch’esse a dir poco discutibili di cacciare gli imprenditori puliti e sostituirli con quelli indagati, come ad esempio è avvenuto a Confindustria Catania, dove si tiene ancora all’interno dell’Associazione degli industriale il signor Mario Ciancio Sanfilippo per il quale la Procura di Catania ha emesso un decreto di conclusione delle indagini, atto propedeutico alla richiesta di rinvio a giudizio per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma non solo, il rispetto per Ciancio da parte dei “paladini dell’Antimafia di carta” va ben oltre. Ricordiamo le visite deferenti nel suo studio da parte di Rosario Crocetta all’indomani della sua elezione, la visita con annesso caffè da parte dell’ex giudice antimafia Antonio Ingroia e quella del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Tutti momentaneamente colpiti da amnesia rispetto alle accuse di mafia del loro augusto anfitrione che esibiva le loro foto nel suo studio come trofei di caccia.

E poi come scordare la cena dell’antimafioso più antimafioso di tutti. L’ex presidente di Confindustria Sicilia, Ivanohe Lo Bello, detto Ivan, che si è recato in una privatissima cena con l’indagato Mario Ciancio, portandosi dietro la scorta. A proposito di Ciancio come non ricordare l’ultimo paradosso siciliano che vede protagonista il nuovo Presidente della Repubblica. Sergio Mattarella non ha trovato di meglio da fare che firmare su La Sicilia un lungo editoriale celebrativo dei 70 anni di vita del giornale di Ciancio. Il Presidente, sono certo ignorando i guai giudiziaria di Ciancio, si è spinto a scrivere quanto segue: “Oggi La Sicilia continua a rappresentare, con la professionalità di coloro che la animano, una voce che guarda alle attese di forze vive della società, al lavoro per l’innovazione e il progresso, energie che non rinunciano all’esercizio della critica, impegnate nell’affermazione del principio di legalità, in un contesto spesso difficile”. Avete letto bene: “Impegnate nell’affermazione del principio di legalità….”. Escludendo l’ipotesi che il Presidente sia stato mosso da un sottile gusto per la burla, viene da chiedersi come sia possibile che avvenga una gaffe di queste dimensioni? Una gaffe che diventa ancora più stonata a pochissimi giorni dalla definitiva decisione della Procura della Repubblica che dovrà presentare al Giudice dell’udienza preliminare la richiesta su Ciancio.

Il Presidente Mattarella è anche presidente del Csm. Nessuno vuole o può mai credere che quell’articolo possa essere un messaggio rivolto alla Procura o peggio al Procuratore Giovanni Salvi, che attende la decisione proprio del Csm sulla sua eventuale nomina alla Procura Generale di Roma. Sarebbe una follia pensarlo, anche in Italia, anche in Sicilia.

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