Alla fine vince il malcontento e sull’ultimo decreto Ilva il governo Renzi è costretto a fare un passo indietro, inserendo nel testo definitivo i punti che lo stesso consiglio dei ministri aveva escluso poche settimane fa. Le commissioni ambiente e industria del Senato, infatti, hanno modificato il testo del decreto (che nel frattempo è stato trasformato in un emendamento al Dl competitività) prevedendo l’utilizzo dei fondi sequestrati ai Riva per il risanamento degli impianti e l’attribuzione di maggiori poteri al subcommissario ambientale. Che tuttavia non avrà piena autonomia, ma dovrà agire “d’intesa” con il commissario straordinario Pietro Gnudi.

Parziali modifiche, che tuttavia non sono sufficienti secondo l’ex subcommissario Edo Ronchi. Sentito da ilfattoquotidiano.it, Ronchi ha ribadito le sue perplessità proprio su quest’ultimo punto. Nella proposta da lui auspicata, infatti, il governo avrebbe dovuto nominare un Commissario ambientale che, “sentito” Gnudi, avrebbe dovuto coordinare le procedure per ottenere le autorizzazioni, quando necessarie, disporre e coordinare l’attuazione degli interventi previsti dal Piano ambientale e inviare ogni tre mesi all’esecutivo una relazione sullo stato di avanzamento. Questa intesa, evidentemente, limita l’autonomia chiesta da Ronchi che ha nuovamente confermato l’intenzione di non accettare l’eventuale invito a tornare a occuparsi della fabbrica di Taranto.

Ma nel testo definitivo è tornata la possibilità per il commissario straordinario di utilizzare i fondi sequestrati ai Riva dalla magistratura milanese nell’inchiesta per il ritorno in Italia dei capitali scudati che gli industriali lombardi avevano trasferito nell’isola inglese di Jersey. Il nuovo testo, infatti, prevede – se necessario – che per il risanamento dell’azienda “il giudice trasferisce all’impresa commissariata, su richiesta del commissario straordinario, le somme sottoposte a sequestro penale”, anche se i soldi appartengono “a procedimenti penali diversi da quelli per reati ambientali o connessi all’attuazione dell’autorizzazione integrata ambientale”. Nel caso dell’Ilva, dato che si tratta di una società gestita dalle persone fisiche che in passato l’hanno amministrata, le somme “devono essere trasferite a titolo di sottoscrizione di aumento di capitale”.

Sembrano quindi superati i timori del governo che, nelle scorse settimane, aveva escluso dal testo approvato il punto previsto nella bozza per paura che la vicenda potesse finire davanti alla Corte Costituzionale, come la famiglia Riva aveva paventato. Ora, quindi, quando al Senato il Dl competitività verrà approvato, il passo successivo sarà quello della nomina di un nuovo subcommissario ambientale. Archiviata definitivamente l’ipotesi Ronchi, nei giorni scorsi era circolato il nome di Erasmo Venosi, docente universitario che in passato ha svolto anche l’incarico di vice presidente della commissione Aia (autorizzazione integrata ambientale) fino all’arrivo del ministro Stefania Prestigiacomo. Un nome particolarmente gradito a una parte degli ambientalisti e che potrebbe rappresentare una sorta di ricucitura con il mondo dell’associazionismo.

L’ultima decisione toccherà a Gnudi. Che dovrà decidere se rimpolpare le casse aziendali con il prestito ponte per favorire la vendita dello stabilimento di Taranto o sorprendere tutti chiedendo i fondi sequestrati ai Riva per il risanamento degli impianti, che ancora rappresentano un pericolo per operai e cittadini del capoluogo pugliese.

Articolo Precedente

Costa Concordia nel Santuario dei Cetacei: #sorvegliataspeciale anche dai delfini

next
Articolo Successivo

Caccia, ok all’uso dei richiami vivi. E ora aspettiamoci la condanna dell’Europa

next