Poteva scapparci il morto, anzi più d’uno. Durante le prove di allestimento luci dell’opera “Donna senz’ombra”, un fondale di circa 12 metri per 15 si è staccato improvvisamente schiantandosi sul palco della Scala di Milano. I macchinisti hanno tentato inutilmente di frenare la caduta. Gli operai e le maestranze si sono messi in salvo per qualche frazione di secondo, un attimo e sarebbero uscite le comparse.

Sulla dinamica pochi dubbi. E il pensiero che corre subito all’incidente mortale di due giorni fa al Palasport di Reggio Calabria per il concerto di Laura Pausini e a quello a fine gennaio a Trieste di Jovanotti. Ma qui siamo nel salotto prestigioso della lirica dove il 7 dicembre sfilano “i potenti” d’Italia. Siamo alla Scala. Dove “Donna senz’ombra”, un’opera in tre atti di Richard Strauss, debuitterà domenica prossima. I testimoniani riferiscono che a provocare il crollo sarebbe stata una folata di vento dovuta a un portellone posteriore al palco rimasto aperto per consentire le operazioni di carico e scarico. Non c’è un dispositivo di sicurezza che lo impedisca. Ad aumentare il rischio anche il fatto che quella scenografia non è adatta al palco della Scala. Si tratta infatti di una struttura “ospite” che arriva dalla Germania e per la quale si è tentato un adattamento in corsa senza tener conto del dislivello di tre centimentri del palco della Scala che avrebbe concorso a produrre un effetto leve e dunque il crollo.

A denuciare quanto accaduto è la Confederazione unitaria di base (Cub). Una delegazione di lavoratori, oltre a presentare una denuncia all’Asl, chiede di poter incontrare il sindaco Giuliano Pisapia (che è presidente della Fondazione della Scala) per porre seriamente il problema dell’incolumità dei lavoratori, della valutazione dei rischi e dell’organizzazione degli spettacoli. Quello di oggi, infatti, è solo l’ultimo di una serie di incidenti che potevano avere esito mortale. L’ultimo è stato il distacco da una stanga sospesa di una quinta arrotolata caduta a terra da venti metri d’altezza durante la movimentazione. Anche qui, si è sfiorata la tragedia sul palco. Ma forse più clamoroso ancora l’episodio dell’aprile scorso, quando nel bel mezzo dell’allestimento della “Turandot”, si è verificato un sovraccarico dei ponti che movimentano la scena che ha portato l’Asl a elevare una sanzione da 13 mila euro a carico del svovrintendente e del direttore degli allestimenti. “Su quei ponti camminano intere masse artistiche, il caso ha evitato il peggio. Poteva essere davvero una strage ”, dice Pierluigi Sostaro, responsabile sicurezza del Cub.

Ma la sanzione non è bastata a suonare il campanello d’allarme. Così ora tocca ai lavoratori difendersi come possono, cercando un dialogo diretto con il Comune e mettendo sul tavolo tutti i problemi irrisolti. Che sono sia strutturali, legati al cantiere, sia regolatori. Perché il rischio aumenta quando le esigenze di cartellone prevalgono. A detta dei lavoratori – sono circa 200 tra macchinisti, elettricisti, fonici – il teatro è diventato la “fabbrica della Scala”. Ma senza romanticismi, il riferimento è alle logiche di organizzazione del lavoro troppo spesso improntate all’iperproduttività per garantire in contemporanea le prove di un opera e l’allestimento serale di un’altra.

Oggi, ad esempio, il palco crollato era in allestimento per provare “Donna senz’ombra”, dalle 16 alle 19, poi toccava smontare il tutto per far posto ad “Aida” che va in scena la sera. “La direzione crea le stagioni teatrali pensando alla sola riuscita artistica, al richiamo del pubblico. Programmano anche quattro allestimenti in contemporanea sottovalutando i rischi connessi ai carichi di lavoro e ai pesi per i ponti tecnici. Così mettono a repentaglio la sicurezza di tutti, non solo dei tecnici”, dicono i lavoratori che per senso di reponsabilità e per non impedire l’esecuzione dell’opera (che comunque subirà un ritardo) non hanno chiamato la polizia e la magistratura, ma che questa sera leggeranno un comunicato per spiegare al pubblico quanto è accaduto.

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