Le emissioni industriali “risultano associate ad un aumento della morbosità e della mortalità nell’area in studio”. In particolare, è stata riscontrata una relazione tra i livelli di “esposizione del passato alle polveri sottili e all’anidride solforosa di origine industriale”, prodotte dalle centrali termoelettriche Enel e dal petrolchimico di Brindisi, e la “mortalità per tumori, malattie cardiovascolari e respiratorie” ed “incidenza di alcune forme tumorali” come il cancro  al polmone. Di più: “L’esame dei ricoveri ospedalieri in rapporto con le esposizioni ambientali stimate per ogni anno dello studio mostra un’associazione tra inquinanti e malattie cardiovascolari, respiratorie e le malformazioni congenite” nel primo anno di vita.

In particolare, quando aumentavano gli inquinanti raddoppiavano le leucemie e si è registrato un incremento del 60% di tumori alla vescica e infarti. Ed è molto probabile che esista un “ruolo causale delle emissioni industriali, specie per l’incidenza di tumore polmonare, per il tumore della vescica e per la leucemia”. Poi un dato sulle malformazioni congenite, già al centro di uno studio del Cnr di Lecce negli anni scorsi: “L’esposizione ad inquinanti da polo petrolchimico è risultata associata a ricoveri nel primo anno di vita per malformazioni congenite, ma tale associazione non è osservata nell’analisi relativa al periodo 2010-2013“.

È il quadro descritto dallo studio promosso dalla Regione Puglia e condotto da un team guidato dal professor Francesco Forastiere. Un report preciso, analitico, condotto seguendo l’evoluzione delle cartelle cliniche di centinaia di persone tra Brindisi e provincia, dove solo nel periodo tra il 2006 e il 2010 si sono registrati 5.183 tumori secondo il registro della Asl. Ed eccoli, ora, i risultati che si aggiungono all’allarme lanciato su Taranto nello scorso ottobre. I dati sull’altro capoluogo pugliese – scelto negli anni Sessanta come capitale italiana della produzione elettrica e petrolchimica – sono altrettanto preoccupanti, anche se il “quadro emissivo dagli impianti si è modificato profondamente nel periodo 1991-2014“, spiegano gli studiosi e la situazione è migliorata “anche a seguito della cessazione delle attività della centrale Edipower nel 2012″. Ma i danni ci sono stati e bisogna continuare a indagare e vigilare, è la sintesi, per capire se il peggio è passato o meno.

Gli scienziati sono categorici nelle 144 pagine di report, presentato in mattinata a Bari e che ilfattoquotidiano.it ha potuto leggere in anteprima: “Al diminuire delle esposizioni ambientali (e del contrasto tra i livelli di esposizione in ogni periodo) si è osservata una diminuzione della forza della associazione, pur rimanendo presente una relazione statisticamente significativa per il periodo più recente tra le emissioni da centrali elettriche e le malattie cardiovascolari e respiratorie – scrive il gruppo di lavoro – Dati la riduzione dei livelli di esposizione ambientale nell’ultimo periodo, è presumibile che le persone che vivono nelle stesse aree che hanno avuto una esposizione più alta nel passato continuino a manifestare effetti sanitari in rapporto alle esposizioni pregresse”. L’emergenza, insomma, è tutt’altro che terminata.

“La pregressa esposizione a all’anidride solforosa da centrale termoelettrica mette in evidenza”, infatti, “una associazione con la mortalità per tutti i tumori (+16%), tumori della vescica (+63%), leucemie (+115%) ed eventi coronarici acuti (+62%)“, tra gli uomini. Mentre tra le donne “si osserva un aumento del rischio di morte per le malattie dell’apparato respiratorio (+27%) e infiammazione cronica di bronchi e polmoni (+38%)”. Mentre l’esposizione “alle emissioni dal petrolchimico è risultata associata a mortalità per eventi coronarici acuti e per malattie respiratorie”. E l’analisi del ricorso alle cure ospedaliere, sostiene lo studio, “ha evidenziato che a concentrazioni più alte degli inquinanti di origine industriale, sia delle centrali sia del petrolchimico, corrispondono eccessi di ospedalizzazioni per diabete, malattie neurologiche, patologie cardio e cerebrovascolari e respiratorie”.

Quando aumenta l’inquinamento, insomma, aumentano i ricoveri. Specifica tuttavia il team che “l’analisi del ricorso alle cure ospedaliere per malattie cardiovascolari e respiratorie nei tre periodi (2000-2004, 2005-2009, 2010-2013) ha mostrato effetti decisamente più marcati nel primo periodo e la presenza di un effetto residuo anche nell’ultimo periodo di osservazione, che potrebbe essere ascrivibile ad un ruolo della pregressa maggiore esposizione”.

Alla luce di quanto è emerso dallo studio, l’ennesimo e tuttavia il più analitico mai svolto nel territorio brindisino, potrebbe riprendere vigore l’esposto presentato nel gennaio 2014 da sei persone che negli anni precedenti erano state colpite da malattie tumorali. La denuncia chiedeva alla Procura di Brindisi di verificare se vi fosse un collegamento o meno tra le malattie e l’inquinamento derivanti dagli insediamenti industriali. “Adesso – preannunciano i malati, che hanno come consulente il primario di radiologia dell’ospedale di Brindisi, Maurizio Portaluri, da anni impegnato nella lotta per indagare sul nesso tra inquinamento e malattie – esiste un nuovo studio, molto analitico e preciso: la procura faccia un passo avanti”.

 

 

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