Un filo rosso che attraversa i paralleli collegando Manchester a Tripoli. Ma che si proietta anche nel recente passato, mettendo in relazione il presunto stragista Salman Abedi con l’universo jihadista di Al Qaeda. Mentre la polizia dà la la caccia all’artificiere che ha messo insieme la bomba che ha ucciso 22 persone alla Manchester Arena e parla di un “network“di terroristi, emergono particolari sui rapporti tra la stretta cerchia dell’attentatore, gli ambienti integralisti della comunità libica di Manchester e il Paese d’origine della famiglia. Un legame sottolineato anche dal ministro dell’Interno italiano Marco Minniti: dalle indagini “emerge per la prima volta un link diretto con la Libia – ha detto mercoledì il capo del Viminale – su questo abbiamo riflettuto e continueremo a riflettere”.

Il punto di partenza è la famiglia Abedi: Salman, 22 anni, è indicato come il kamikaze che si è fatto esplodere lunedì al concerto di Ariana Grande; il fratello 23enne Ismail è stato arrestato martedì a Manchester; l’altro fratello, il 20enne Hashemi, è stato catturato mercoledì dalla Rada, la milizia che gestisce la sicurezza a Tripoli. Dove è stato fermato anche il capofamiglia, Abu Ismail noto anche come Ramadan. E’ lui il principale link tra la città inglese e gli ambienti qaedisti in madrepatria.

Il sito di Sky News Arabiya, citando proprie fonti e documenti, descrive il padre del kamikaze come un elemento vicino ad Al Qaeda. “Secondo le nostre informazioni”, Abu Ismail è stato “un componente del Libyan Fighting Group“, organizzazione islamica armata nata nel 1995 per combattere il regime di Muammar Gheddafi, coinvolta nella guerra civile libica del 2011 e per lungo tempo legata all’organizzazione di Osama bin Laden. Nel fornire altre indicazioni su appartenenza politica e amicizie dell’uomo, l’emittente di Abu Dhabi sostiene inoltre che “queste informazioni combaciano con quelle di un documento, di cui una copia è stata ottenuta da Sky News Arabiya, che fa parte dei registri dell’organismo per la sicurezza dello Stato libico nei quali venivano registrate le persone ricercate sotto il regime di Gheddafi. Lì “i servizi di sicurezza libici” lo avevano “classificato fra gli elementi di Al Qaeda”.

“Politicamente”, l’uomo aderisce al “partito Al-Umma” di Sami al-Saadi, detto “Abu El-Monzer“, anch’egli tra i leader del Libyan Islamic Fighting Group“. Ramadan Abedi inoltre “è considerato un amico intimo di Suhail Al Sadiq Al Ghariani, figlio del silurato muftì libico che esorta a combattere l’Esercito libico” del generale Khalifa Haftar “e incita al terrorismo”. Un legame suggerito su Twitter anche da Mohamed Eljarh, analista libico che lavora anche per l’Atlantic Council: “Molti islamisti libici, in particolare del Lifg, che sono fuggiti dal regime di Gheddafi hanno trovato rifugio nel Regno Unito e Manchester è un centro importante per loro”.

Il contesto nel quale nel nord dell’Inghilterra proliferano gli ambienti estremisti lo descrive il Libya Herald. Manchester, ricorda il quotidiano – le cui fonti descrivono Ramadan Abedi come un “federalista della Cirenaica”, ma non noto per essere un estremista – è nota per ospitare una delle più grandi comunità di libici espatriati: secondo alcune stime, dei 2,5 milioni di abitanti di Greater Manchester (dove viveva il presunto attentatore) 300mila sono musulmani e circa 16mila libici. “Sentire che i responsabili dell’attacco sono libici non è stata una sorpresa – ha spiegato al quotidiano Reda Fhelboom, giornalista libico che ha vissuto per anni a Manchester – perché ci sono molti estremisti libici che vivono lì”.

Dove, fino a pochi anni fa, ha vissuto un pezzo da 90 del terrorismo internazionale: Abu Anas al Libi, anch’egli libico, considerato legato ad ambienti di Al Qaeda fin dalla sua nascita nel 1994. Catturato a Tripoli il 5 ottobre 2013 dalle forze speciali Usa e morto oltreoceano il 3 febbraio 2015, al Libi aveva vissuto per anni nella città inglese, dopo che il Regno Unito gli aveva concesso l’asilo politico nel 1995 in seguito alla fuga dal Sudan che lo braccava su richiesta di Gheddafi. Nel 2000 sul suo computer la polizia aveva rinvenuto un file in seguito ribattezzato “manuale di Manchester“, 180 pagine contenenti istruzioni per combattere la Jihad, e dopo l’11 settembre si era guadagnato un posto sulla lista dei Most Wanted Terrorists dell’Fbi. Indicato tra gli autori delle stragi del 1998 a Nairobi in Kenya e a Dar Es Salam in Tanzania, era stato arrestato nel 1999 dalla polizia inglese ma poi rilasciato, fatto che gli aveva permesso di lasciare il Paese.

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